E’ la prima volta che un vino – e che vino! –
di questa azienda, passa da queste modeste pagine. Solitamente, non è mio costume
raccontare subito il prodotto haut de
gamme, i cui tanti motivi ho già illustrato in più occasioni.
Nella fattispecie le ragioni si moltiplicano.
In primis, perché tutti i vini di
Aldo e Milena Vajra, a partire dal loro Dolcetto, passando per la Barbera,
toccando la Freisa e il Riesling, arrivando al Nebbiolo e al Pinot Nero,
bevendo i Barolo e chiudendo con il metodo classico e il Moscato, esprimono il
carattere, sincero, sobrio, ma allo stesso tempo elegante, di questa famiglia,
che ammetto di conoscere poco – molto di più i loro vini – non sono mai stato
da loro – peccato capitale, in attesa di remissione – e avendoli incontrati solo
per degustazioni, in giro per l’Italia.
Ciò nonostante, con queste persone, è
sufficiente scambiare poche battute, per intuire, già dal loro tono di voce,
cosa ti riserverà il calice. Dolcetto o Barolo, fatte le debite proporzioni,
poco importa: per loro abnegazione e passione sono massime e il risultato,
anche per chi beve, di alta, quando non eccelsa, qualità.
Solo vecchie vigne, lunghe fermentazioni e
botte grande, per un vino, la cui visione – uno splendido rubino luminoso - innesca
immediatamente la salivazione, in attesa di abbinarlo a bocconcini di cinghiale
in umido.
Il bouquet,
ricco e raffinato, intreccia armoniosamente la rosa, la viola – nome omen – e i toni fruttati – lampone
e fragolina, mora e ciliegia – a tocchi di cannella, liquirizia e afflati
balsamici.
In bocca è maestoso e di classe cristallina,
dai sapori integri e precisi e un tannino didascalico. Pienamente conforme con gli
umori olfattivi, a partire dalla pregevole intensità aromatica, dalla
croccantezza della ciliegia, con l’aggiunta dell’arancia, alle spezie, all’eucalipto
e una risoluta trama minerale, per concludere con una struttura gustativa
dotata di raro equilibrio acido-tannico, sfociante in una beva golosa e
trascinante, ma pur sempre ponderata.
Finale avvincente e di complessa persistenza,
su rimandi di cacao, tabacco e menta.
Un Barolo fortemente identitario, giovane,
eppure già così completo. Date tali premesse, non così temerario presumere di quanto
la bellezza di questi sorsi, si arricchirà, a
fortiori, raggiungendo l’età della ragione; la bellezza di questi sorsi che,
nonostante l’impegno, evidenziano, ahimè, l’inadeguatezza del sottoscritto, nel
raccontarli nel loro senso più compiuto e, soprattutto, nel trasferire nel
lettore, lo spessore delle emozioni vissute.
Tra i migliori q/p di Langa
RispondiEliminaNon so neanche quanti ne ho stappati quando pretendevo di fare il cantiniere stellato.
Nessun cliente si è mai rifiutato di condividere quest'idea di Barolo fiorito.
Lo assaggiavo prima di sevirlo. Raramente ne avanzava
Ottimo Barolo anche se i prezzi ora sono saliti parecchio già franco cantina. Tuttavia qualità indiscutibile.
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