venerdì 19 febbraio 2016

Delamotte Champagne Blanc de Blancs s.a.




Non fai in tempo a scrivere - giusto la scorsa settimana - che quasi sempre l’etichetta fa il monaco, che subito, quand même, vieni sbugiardato. Stavolta ho fatto filotto, poiché su tre flaconi, neanche mezzo mi ha convinto; per giunta dalla tipologia – blanc de blancs – che è considerata la specialità della casa.

Con la bacca bianca proveniente da 4 villaggi Gc – Oger, Cramant, Avize e Le Mesnil sur Oger – non è peregrino attendersi fuochi d’artificio o, quanto meno, la barra del minimo sindacale posizionata molto più su. Macchè, “il livello è basso”, come ricordava, mimandolo con la mano, Riccardo Pazzaglia.

Circa i profumi, li colloco non tanto in territorio “delicato”, quanto piuttosto in quello evanescente/latitante. Escludendo una buona freschezza, un discreto tocco di fiori bianchi e una flebile nota agrumata – più limone che altro – manca quello che costituisce la spina dorsale di un bdb con i fiocchi – ciò cui questa boccia ambisce - vale a dire la gessosità che, nella fattispecie dovrebbe stendere le narici.

Tutte queste debolezze trovano, malheureusement, abbondante corrispondenza in un sorso, burroso e lontanamente minerale, slegato e diviso tra confuse sensazioni acidule e dosaggio scomposto.

Tra il serio e il faceto, in ultimo, mi chiedo, se i grappoli migliori di Chardonnay non siano finiti, per sbaglio, nella cave à côté, quella con la “S”?


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