Trovare
questo “base”, in un iper italico
quattro anni fa, al compri due paghi uno, non ha (quasi) prezzo. Mi fu
impossibile dire no. E infatti, dissi sì e mi avviai, con nonchalance, quasi furtivamente, verso la cassa. E ora, in occasione di una
ricorrenza davvero speciale gli è toccato. Così
è capitato anche a me, comune mortale, di trovarmi vis-à-vis con quella che è da tutti considerata La
Maison.
A
descriverla, hanno già provveduto i massimi esperti, con un profluvio continuo, peraltro meritatissimo, di
aggettivi, sostantivi, superlativi e altre espressioni iperboliche quali
il mito, la leggenda, l’eccellenza per antonomasia, l’inarrivabile, il non plus ultra e via discorrendo. Ergo, vado dritto filato al nettare e a
ciò che mi ha regalato. Non prima di aver ricordato come questo capolavoro, si
ottenga da un blend di oltre
cinquanta vini, provenienti da tre varietà di uve, da 20 a 25 crus e da sei a dieci millesimi differenti, con almeno sei anni di
invecchiamento.
Resto
incantato, quasi ipnotizzato, mentre contemplo la sua cromia aurea, luminosissima,
e il suo pregiato, finissimo e inesauribile perlage.
Fin
dal naso esibisce il suo carattere, la sua statura e la sua inconfondibile
personalità. Forse il lemma profondità,
mai come stavolta, è quanto mai appropriato, nel raccontare e racchiudere la
quintessenza di tutti questi aromi. Un concerto, una sinfonia, che annovera pane appena grigliato e
brioche, miele, confetture di mele e datteri, frutta matura - anche tropicale –
secca - mandorle e nocciole - torrone, spezie, zenzero candito, caffè, tabacco…
Ehm, mi sarò perso qualcosa? Claro que sì.
Il
palato è magnificamente speculare, chè ritrovo tutto e sottolineo t u t t o. La
texture è finissima e cremosa. Non
superfluo, nè scontato, rimarcare struttura, equilibrio, acidità; senza trascurare
una stupefacente e imbarazzante longueur,
per la quale incontro oggettive difficoltà nel trovare calzanti termini di
raffronto.
Emozioni
uniche, a caratteri cubitali, da un sorso che, da molti, è ritenuto la signature Maison.
Adesso, mi
è meno oscura, e indecifrabile, l’asserzione “...c'è lo Champagne e poi c'è Krug.”