mercoledì 30 aprile 2014

Aoc Champagne Empreinte Brut 1er Cru 2005 René Geoffroy





Questa maison familiale di rm (da pochi anni con sede ad Aÿ), le cui origini risalgono al sedicesimo secolo, coltiva circa tredici ettari, di cui undici nel villaggio di Cumierès - Vallata della Marna - e tutti i suoi vini non svolgono malolattica.

Il flacone di oggi è un millesimato, formato da 69 parti di Pinot Nero, 19 di Chardonnay e 12 di Pinot Meunier, sboccato il 6 settembre 2010.

Naso abbastanza complesso, dove il fruttato del Pinot Nero – arancia e mela rossa – si coniuga ad aromi della bacca bianca - crema pasticciera e brioche – con una spruzzata di violetta e anice e una mineralità ondivaga e galleggiante, che troverà, solo più tardi, al palato, la sua dimensione.

In bocca arriva fresco, con un buon equilibrio tra l’espressione vinosa e quella fruttata. Va da sé che la netta prevalenza della bacca nera, orienti e imponga un certo percorso alle sensazioni gustative, con i toni agrumati molto schierati e dominanti rispetto a quelli floreali e vegetali. Nonostante un basso dosaggio – 6 gr./l. dichiarati in retroetichetta - resta significativa la percezione delle dolcezze, che fanno pressing sull’acidità e la costringono a “giocare” di rimessa per più di un sorso e con altalenante tensione. Chiusura, ora sì minerale, tuttavia più larga che lunga.

Da un millesimato e da un sostantivo - empreinte - ambizioso, un po’ più di personalità era attesa.



domenica 27 aprile 2014

Doc Barbera d’Alba Vigna Scarrone 2010 Vietti





Vietti è un produttore che, ogni tanto, passa di qui, in particolare con le sue Barbera. Con questa di oggi saliamo, risolutamente, di prezzo – a scaffale poco meno di trenta euri – e, per conseguenza, l’attesa di guadagnare anche in qualità è comprensibile.
Si tratta di un vino che affina sia in barrique che botte e non subisce filtrazioni.

Alla vista è un compatto rosso rubino, scurissimo e fitto. Il naso è immediatamente affrontato da un impianto alcolico prepotente. Attendo una mezz’ora e questa percezione, che si è ridotta di poco, ingessa il frutto che sotto sotto c’è, ci sarebbe, ci dovrebbe essere: qualche nota di ciliegia nera e amarena, molta vaniglia; per il resto molte carenze e poche presenze.

L’assaggio è, ahimé, schierato con le indicazioni olfattive. Entra caldo, troppo, con l’acidità che non riesce a contrastare l’impeto alcolico. La si aspetta ancora, sperando in una ridistribuzione, equa e bilanciata, dei “pesi e contrappesi”, ma inutilmente. Ne discende una beva greve e fiacca.
Vano perdersi in tutto ciò che doveva, poteva essere e non lo è stato.

Mi ha fatto tornare alla mente, una fortunatissima réclame di una ventina d’anni fa, in cui l’allora “figlio del vento” Carl Lewis calzava, pronto a scattare ai blocchi di partenza, un improbabile paio di tacchi a spillo, con una voce, fuori campo, a ricordare come la potenza fosse nulla, senza controllo.

Sarà stato questo flacone, ancorchè non sia la prima volta che mi succede con i vini di Vietti.
Senza cambiare produttore, con la "Tre Vigne", si spende meno della metà, con altre soddisfazioni.



giovedì 24 aprile 2014

Docg Roero 2011 Cascina Fornace





L’altra sponda del Tanaro, quella sinistra, geologicamente più recente e meno aristocratica.
Per le mie eno-esperienze, tante volte sinistra anche di fatto.

Neanche tremila bottiglie di questo Nebbiolo che mi è piaciuto, a partire dal suo rosso rubino e di belle trasparenze, nonostante non subisca filtrazioni. E’ giovanissimo, come i suoi “genitori” - Emanuele ed Enrico Cauda - al punto che se potessi riavvolgere il nastro, lo riporterei in cantina.
Freschissimo al naso, regala profumi dolci di frutta scura – amarena, ciliegia e mora – molto cacao e una nitida trama minerale.

Al palato entra avidamente goloso, richiamando il linguaggio dolce del frutto e, anche qui, irradiando giovinezza a go-go. Il sorso, netto e preciso nei sapori, assume una beva smodata e contrassegnata da tannini assai appuntiti, a tratti ferocemente pungenti, tuttavia mai scontrosi, né sgarbati.
Era tanto che non bevevo un Nebbiolo con questa verve tannica.

Ridendo e scherzando, la boccia è evaporata in un amen, con la bocca ancora famelica.
Gli è mancato giusto un poco di persistenza, ascrivibile alla sua gioventù, sicuramente.
L’ultima sorpresa l’ho avuta ruotando la boccia: 14,5 di alcol. Addomesticare, a tal guisa, il tenore alcolico e assicurare, allo stesso tempo, eleganza, armonia ed equilibrio, fa pensare alla bravura, umiltà e passione che ci mettono Enrico ed Emanuele.





lunedì 21 aprile 2014

Aoc Champagne Grand Cru Brut 1999 Pommery





Come da tradizione, prodotto con sole uve provenienti da villaggi Grand Cru della Côte des Blancs e della Montagne de Reims, per un assemblage, di perfetto equilibrio tra Chardonnay e Pinot Nero, che sconta una permanenza di sessanta mesi sui lieviti, tutto sotto l’attento controllo dello Chef de cave, Thierry Gasco.

Il calice si colora di oro intenso e bagliori verdi e ti cattura l’effervescenza, fine e prolungata, con spuma abbondante e molto cremosa.
Al naso balza l’eleganza espressa dalla bacca bianca, con tocchi floreali e penetranti scorze agrumate, cui si sommano note biscottate, vigorosi profumi di miele, c’era d’api, zafferano e un’affilata trama minerale.

La bocca, fine e delicata, è imperniata sulla freschezza e sulla cremosità, con inquadratura precisa delle sensazioni olfattive. Finezza e struttura si fondono armoniosamente, con bella tensione tra la verve acida e la spalla del Pinot Nero, che assurge, poco alla volta, a ruolo dominante.
Chiude ampio, slanciato e persistente, su cenni minerali, con concreti ritorni di zafferano e agrumi canditi.





venerdì 18 aprile 2014

Docg Chianti Classico 2009 Ormanni





Una delle aziende che si è avvalsa del preziosissimo lavoro dell’indimenticato Maestro Assaggiatore Giulio “Bicchierino” Gambelli. Questo già basti a spiegare di chi parliamo e con quali prodotti ci misuriamo.

Questo è il loro biglietto da visita - e che biglietto - composto per il 90 per cento da Sangiovese, con una piccola parte di Canaiolo.
Nel bicchiere un invitante rosso rubino luccicante. Precisione già dalle prime snasate. Spicca una ciliegia dolce e golosa, seguita da eleganti fragranze di fruttini di bosco, humus e una rosa assai profumata, con cenni ferrosi e speziati ad arricchire un profilo olfattivo di gran pulizia.

Un assaggio morbido e dolce, autentica le percezioni aromatiche ed esprime, in primis, un bellissimo frutto croccante, che, rinfrescato da giusta acidità fa, letteralmente, salivare la bocca. Al sorso non mancano struttura, trama tannica, equilibrio e soprattutto una leggerezza di beva da applausi.
Molto persistente, con echi di frutti rossi e spezie dolci, chiude con una sottile riga minerale.

Soddisfazione garantita a costo praticabile, dodici euri in enoteca.

 


Racconto un altro Chianti Classico a questo indirizzo:

  

martedì 15 aprile 2014

Igt Terre Siciliane Bianco SP 68 2012 Arianna Occhipinti





Ho più di un debole per la Sicilia e per i suoi vini, quelli buoni. E questo non fa eccezione. Un vino che ti parla, subito, appena lo apri, con quella sincerità e quel sorriso semplice e naturale che sono solo due dei tanti tratti – belli – della Occhipinti.

Il nome del vino è l’acronimo di Strada Provinciale 68, dove si trovano le vigne. E’ un blend di Moscato di Alessandria (Zibibbo) e Albanello, uno storico vitigno autoctono siculo, coltivato nella provincia di Siracusa che, nel tempo, ha perso appeal.

Nel calice è giallo brillante e di bella intensità, anche in virtù di una macerazione di una decina di giorni sulle bucce. Il naso è di franca e fulminea freschezza. Si avvertono, chiare, l’aromaticità e la dolcezza dello Zibibbo che, con l’ossigenazione, lasciano spazio a sentori di camomilla, note fruttate – limone pera e pesca – e ritorni vegetali di menta e timo, con pulita mineralità sullo sfondo.

Al palato si dimostra asciutto, assai fresco e per nulla dolce. L’aromaticità c’è, ma è secca e dritta, retta da ottima acidità, una salda scia minerale e marina, con tanti agrumi e un soffio di miele.
Un sorso semplice ma, allo stesso tempo, ampio e con una sua profondità, di piacevole persistenza, che mi, ci, ha molto gratificato.

Questo vino è andato via, alla velocità della luce, su un piatto altrettanto semplice e povero come lo è un merluzzo bollito con insalatina, tiepida, di ceci, conditi con olio, non a caso, Panta Rei 2013 (Tonda Iblea) della signora Occhipinti.

Un vino e un olio, che parlano l’identico linguaggio di chi li produce, con quella semplicità che qui non sia, non lo è, affatto, sinonimo di difetto o carenza. Anzi.


sabato 12 aprile 2014

Aoc Champagne Les Murgiers Extra Brut 2007 Francis Boulard





Lo chiamerò Monsieur Boulard, giacchè qualcuno ritiene che raccontare di persone riportando solo il (primo) nome sia un modo, subdolo, per arrogarsi e rivendicare chissà quali fantasiose frequentazioni e amicizie, una specie di captatio benevolentiæ. Bene, chissenefrega.
Ho conosciuto – siamo conoscenti, almeno fino a quando lui si ricorderà di me, va bene cosi? – Francis a Vini di Vignaioli 2012, ancorché bevessi già da prima i suoi vini, infatti lo scorso luglio, giusto qui, ne scrissi.

Francis è un burberone (all’apparenza), che quattro anni fa, lasciò l’azienda di famiglia e, seguito dalla figlia Delphine, prese la strada in solitaria, creando un domaine tutto suo. Ora coltiva tre ettari, nella Montagna di Reims, quasi completamente certificati biologici, con la pratica della biodinamica in vigna. I suoi vini sono tutti molto dritti, poco o punto dosati e costituiscono vera espressione del terroir.

Francis è chiaro, già dalla retroetichetta. Les Murgiers è un blanc de noirs, Pinot Nero e Pinot Meunier, le cui percentuali, non indicate, risulteranno più esplicite e leggibili al naso e all’assaggio.
E’ un millesimato 2007, rivendicato solo in retroetichetta, che ha svolto malò, passaggio in legni vecchi, oltre 5 anni sui lieviti, sboccatura 27 settembre 2013 e dosato a 5 gr./l.

Oro intenso e luminoso alla vista, con effervescenza fine e costante.
L’olfatto è subito timbrato da freschi aromi di pasticceria da forno – biscotto e brioche – tallonati da sentori di lime e pesca e una sincera impronta vegetale di timo e salvia. Ad una successiva roteazione, spuntano le spezie – cannella e noce moscata – con il risvolto minerale che inizia la rincorsa verso il trono.

La bocca, freschissima e integra, è testimone speculare dello spettro olfattivo. Molto equilibrata e complessa l’espressione aromatica, con pochi rimandi tropicali e molti di sottobosco, con la sapidità minerale che si impone a tutto campo. Sorso tagliente, quasi da non dosè, con fine trama speziata a fare da corollario. A naso, e in bocca soprattutto, dico molto più Pinot Meunier che Pinot Noir. La progressione di beva è incalzante al punto che l’assaggio è durato pochissimo e si è imboccata la strada, senza ritorno, del tracanno… (ir)responsabile.

Chiamatelo come vi pare, nom ou prénom, ma assaggiate i suoi vini.



mercoledì 9 aprile 2014

Docg Cerasuolo di Vittoria 2007 Cos





L’unica Docg della Sicilia, dal 2005.
Questo è un blend composto da 40 unità di Frappato e 60 di Nero d’Avola.
E’ rubino brillante. Fin dall’olfazione si annuncia molto intenso e sfaccettato. Parte speziatissimo, con intrecci, persistenti, di arancia rossa e melograno, cui si associano la ciliegia e l’amarena; emergono, in seguito, note floreali – rosa – e di cappero, con, sullo sfondo, una fine striatura balsamico-iodata.

Al palato, brilla per eleganza e complessità, mantenendo, coerentemente, i tratti del quadro olfattivo. C’è una solida e vivace commistione tra le componenti fruttate, speziate e minerali. Il sorso, scattante e retto da ottima acidità, con il tenore alcolico mai fuori scala, si dimostra lungo e persistente.
Una tenace e costante sapidità iodata chiude una bevuta sempre agile – quasi compulsiva - e gratificante.




Ho scritto di altri vini di Cos a questi indirizzi:




domenica 6 aprile 2014

Al Cavallino Bianco @ Polesine Parmense





Bassa parmense, giusto a ridosso della golena.
Al Cavallino Bianco, meglio conosciuto come "Il Tipico" della famiglia Spigaroli, è tutto tipico, a cominciare dall'accoglienza: onesta, sincera, mai affettata.

La cucina è molto ancorata al territorio, verrebbe da dire con tutti prodotti a km zero, non fosse che il concetto originale e puro - ormai snaturato e svuotato del suo contenuto etimologico - ha assunto, quantomeno, troppe ambiguità.


La sala da pranzo è ampia, luminosa e curata. Sobrietà ovunque.



La cucina è affidata ad una brigata di giovani ragazzi, sui quali vigila, in linea d'aria, da vicinissimo, Massimo - chef stellato a poche centinaia di metri - mentre suo fratello Luciano cura e coordina, in modo preciso, discreto, ma attentissimo, il personale di sala.
 
Ci si accomoda, scegliendo tra diversi menù, oppure dritti à la carte, spendendo, all'incirca, sei deca.



 Si attacca con flûte di Tamburen



con crocchette di Culatello e spumini di parmigiano.

  

Vai con una selezione di salumi. Li producono da oltre 150 anni - il bisnonno Carlo fu norcino di fiducia del Maestro Giuseppe Verdi -  i maiali neri li allevano addirittura, cosa fai rinunci?



Culatello 14 mesi




Culatello 24 mesi, coppa, lardo, cresponetto e strolghino 20 giorni





in abbinamento alla loro giardiniera





Tiepida spalla cotta tagliata a coltello



Janisson Baradon non dosé s.a. Pinot Nero e Chardonnay in parti uguali.


Finezza, freschezza e drittezza. Impennato e con un côté minéral di prim’ordine.
Inappuntabile con i salumi, strutturato con i primi.

  


Cupola di polenta con gamberi d’acqua salmastra e riduzione di balsamico

 

Non ti potrai sottrarre ai loro primi, con la forchetta che morde il freno



I classici tortelli d’erbetta alla parmigiana




I tagliolini al burro d’affioramento delle vacche rosse e Culatello




Il filetto di maiale nero di Parma, intramezzato di Culatello e tosone




Cuore caldo - cremosissimo - al cioccolato con gelato al mandarino




Piccola 


Ho trovato una cucina sobria, abile, avveduta e, in sostanza, priva di sbavature. Solamente un piccolo neo sui primi, dove avrei gradito un po’ più di leggerezza. Per il resto solo coerenza, consapevolezza, solidità.
Materie prime di alto livello per piatti di grande equilibrio, sia per pulizia di sapori che per precisione di esecuzione, sono i tratti salienti di questa tavola.


La carta dei vini, molto ampia e ricercata, è per tutti i portafogli, con ricarichi più che onesti e alcune perle nascoste. Tante le etichette, sia nazionali che estere, di produttori bio.

Qualora vi fossero rimasti degli interrogativi, il loro sito è di trasparenza cristallina e sempre aggiornato.







Prima di partire, una veloce occhiata a come procede l'affinamento, dei circa seimila Culatello, nella vicinissima cantina della Antica Corte Pallavicina.


giovedì 3 aprile 2014

Docg Barolo Cannubi S.Lorenzo - Ravera 2006 Giuseppe Rinaldi





Nel bicchiere un granato caldo e luminoso che anticipa un naso, ricchissimo, ampio e rigoroso, che si apre subito con intense sensazioni di viola, rosa e fiori appassiti, per virare, poi, verso un carnoso frutto rosso – ciliegia e amarena – e spostarsi, infine, su sentori di china e sottobosco, liquirizia e pepe bianco.

Queste pennellate olfattive, preludono ad un assaggio che lascia il segno. In bocca è morbido e, insieme, vibrante, deciso e di gran corpo, con tannino setoso ma incisivo, ottimo nerbo acido e bilanciamento alcolico millimetrico. Ritrovo al palato, preciso e puntuale, il profilo olfattivo, con il frutto che si mescola e si fonde, elegantemente, alla liquirizia e al tabacco.
Flacone in forma splendida, di freschezza mai cedevole e beva incontrollabile, che termina molto persistente con rimandi di cacao, spezie e sapida mineralità.

Un’ altra perla del Citrico.






Racconto lo stesso vino, ma millesimo 2007, a questo indirizzo: