venerdì 27 febbraio 2015

Aoc Champagne “Origin’Elle” Brut s.a. Françoise Bedel & Fils




A Crouttes sur Marne - Vallata della Marna, a metà strada tra Epernay e Parigi, molto ai margini della Champagne – c’è questa piccola e giovane maison di propriétaire récoltant-manipulant, da tre generazioni. Dopo un percorso iniziato nel 1998, l’azienda è certificata biodinamica dal 2006, tutti i vini fanno non meno di 4 anni sur lattes, con dégorgement et remouage à la main.

A queste latitudini c’è tanto, tantissimo Pinot Meunier, spesso e volentieri usato come vitigno da taglio e, per farla breve, dei tre principali vitigni, il parente povero, quello che fa il lavoro sporco, tra molti cazziatoni e pochi onori.
Ancorchè ultimamente vi sia più attenzione e considerazione verso questo vitigno, fare vino di qualità con questa materia – dalle mie parti si dice “…voler estrarre il sangue da una rapa” – non è affatto semplice e servono impegno, lavoro e passione in dosi massicce. Doti di cui non difetta "La Dame" Françoise, ben assistita dal figlio Vincent.


La boccia di oggi – sboccatura aprile 2012 - esprime, principalmente, la vendemmia 2007 e vede dominare, ovviamente, il Pinot Meunier per l’80% con lo Chardonnay e il Pinot Nero che si dividono, in parti uguali, la restante posta.

Oro che luccica nel vetro, di effervescenza fine e continua.
I profumi, eleganti e intensi, imboccano subito la strada della frutta mediterranea, tanto quella secca, quanto quella matura. Si attacca con il melone, la pesca e l’albicocca, l’arancia e il pompelmo rosa, per concludere con tocchi di dattero e mandorla, non prima di aver rimarcato quanto questo cesello si basi su una solida trama gessosa.

L’assaggio è improntato, in primis, ad un inflessibile equilibrio tra potenza e freschezza, e alla puntuale conferma degli aromi individuati nel tratteggio olfattivo, con una convincente fusione tra note agrumate, anche confit, e l’impianto gessoso.
Sorso ampio e scattante, profondo e di ricca personalità aromatica, con richiami finali a mandarino e  albicocca essiccati.

Chapeau-bas, Madame.


lunedì 23 febbraio 2015

Terre di Toscana 2015 | Lido di Camaiore




Presso l’Una Hotel Versilia di Lido di Camaiore, domenica 1 e lunedì 2 marzo, si terrà l’ottava edizione di Terre di Toscana. Una vera e propria full immersion nelle eccellenze della produzione vinicola toscana, che vedrà la partecipazione di 130 produttori, con oltre 600 vini in degustazione.

Inoltre, come di consueto, il padiglione Golosizia, lo show cooking all’interno di Terre di Toscana, che vedrà, anche quest’anno, ben sei chef all’opera, 3 la domenica, 3 il lunedì.

L’elenco delle aziende, i vini in degustazione e il programma completo della manifestazione, consultando il sito Terre di Toscana e seguendo le loro pagine social fb e twitter.




venerdì 20 febbraio 2015

Aoc Champagne Blanc de Blancs “Les Chétillons” 2000 Pierre Peters




Prima di entrare nel dettaglio di questo flacone, inquadro un attimo il cru, il cui significato circoscrivo prima e blindo poi, al fine di evitare che qualche malcapitato/distratto/saccente/parruccone/erudito incappi, incautamente, da queste parti e impartisca lezioni off topic, a un tanto al kilo, di geografia, piuttosto che di storia, piuttosto che di trigonometria, etc.
Filippiche che, per altro, risultano utili quanto un porcaro davanti alla kaaba della Mecca.
Presumevo, sbagliandomi, che varcate le sogli(ol)e del terzo millennio alcuni paletti fossero ben piantati nella zucca di tutti. Ribadisco, qui si bada al so(li)do, cioè al liquido.
Punto, punto e virgola, due punti (cit.).

“Les Chetillons” altro non è che un lieu-dit di Mesnil sur Oger – il nome non si presta, in alcun modo, nè ad altri riferimenti, nè ad altri significati - all’interno del quale la famiglia Peters possiede tre parcelle di vigne, di oltre 45 anni, che vinifica separatamente.
Lo stile maison è quello di lasciar parlare il terroir che, nel caso di specie, non solo parla, canta addirittura, scalando ottave di bella.

La mia sostava in cantina da 4 anni, ergo un tempo ragionevole per permettere, se del caso, ad un millesimo, generalmente non radioso, di riscattarsi in vetro.
Adesso è oro sfavillante, con perlage finissimo, rettilineo, assiduo.
Al naso c’è qualche lieve traccia terziarizzata che, nel volgere di un quarto d’ora, si disperde non appena il vino inizia ad aprirsi e distendersi.
Intensità e complessità, introdotte da note burrose, speziate e mandorlate, che si sostanziano attraverso una impressionante gessosità – purissima e cremosa – che detta i tempi di avvicendamento ora al muschio, ora al fungo e tartufo, poi ostrica, pera e agrumi confit.

Il palato emoziona per freschezza, ricchezza e potenza. Agile e verticalissimo, ma spalleggiato da materia e struttura proprie della bacca nera. L’apoteosi della mineralità di Mesnil, qui ancora in fase ascendente – ore dieci emmezzo, undici menounquarto – finemente cesellata da texture di fascino, la quale alterna, sapientemente, profondità marine – ostriche e conchiglie – a lucidi tocchi di sottobosco e champignon, scorza di arancia caramellata a miele e cannella.
Interminabile, profondo, largo, alto, basso, di qua, di là, come vi pare, su insistenti e dense consistenze gessate, tatuate di radice di liquirizia.

Con tartare di sugarello e ombrina al sale, sorsi, a tratti anche cerebrali, indimenticabili.





martedì 17 febbraio 2015

Docg Barolo 2005 Parusso




Per celebrare i 35 anni dell’etichetta “Barolo Parusso Armando” – dal 1971 l’azienda ha iniziato a vinificare in proprio – la famiglia ha deciso di produrre l’annata 2005, così come la faceva Monsù Armando, vale a dire unendo i singoli vigneti - Mariondino a Castiglione Falletto, Bussia, Mosconi e Coste a Monforte – per dare vita ad un unico Barolo.

Il naso parte ordinato e lucido, con qualche sfumatura dolce e vanigliata, per poi subire il richiamo di tratti vegetali e floreali, nello specifico terra, sottobosco e rosa.
Giusto un po’ di ossigenazione lancia la scalata, diretta e pulita, degli ingredienti fruttati – mirtillo e lampone, arancia e ciliegia – con limpide cifre mentolate e speziate che affinano il bouquet.

Quanto al palato, ti dico che le sue carte migliori le ha già giocate…al naso.
All’assaggio si dimostra meno inquadrabile e più introverso, più sfuggente. Ha sì abbandonato la severità tannica, diventando flessuoso, tuttavia, durante lo svolgimento gustativo, non sfodera tutto quel che di bello avevo appreso nella progressione olfattiva. Permane buona freschezza, con discreta tensione, ma poca complessità.
Insomma un po’ poco di tutto, un po’ tutto in chiaroscuro.

La curiosità sarà aprire, più in là, l’altro flacone di cui ancora dispongo, ancorchè lo scetticismo che nutro verso quest’annata, complicata ed enigmatica, sarà duro ribaltare.


sabato 14 febbraio 2015

5 Champagnes per San Valentino




E vincere facile? Ti avanzano 2 spiccioli in Svizzera? Attendi perdono dalla Quota Rosa?

Ti suggerisco 5 champagnes 5 che ti potrebbero servire, ovvero, che non dovrebbero mancare sulla tua tavola, oggi. A prescindere.

Mise rigorosamente rosé, anche de saignée, volendo millesimata.



Non impegna e ti porterà dritto jusqu'au bout



Frutta e spezie scacciapensieri



Dalla Côtes des Bar, potenza minerale



Il de saignée secondo L-P



La chiusura del cerchio, con l’apertura della zip,
la sua.



venerdì 13 febbraio 2015

Aoc Champagne Brut Nature Dosage Zéro s.a. A.R.Lenoble




Trentasei mesi sur lie, per questo assemblato 40% Chardonnay, proveniente da Chouilly – villaggio Grand Cru – 30% Pinot Noir, da Bisseuil e altrettanto Pinot Meunier, da Damery, con un anno dégorgement.

Il naso, sulle prime, bighellona, per poi distendersi e modularsi su una espressione di frutta, più bianca che gialla – pesca, pera e uno spicchio di pompelmo – una traccia di mandorla, mentre una traboccante mineralità mi trafigge le narici.

Anche in bocca netta e straripante mineralità gessosa, che riesce, progressivamente, a esautorare gli altri interpreti, consegnandoli a ruolo di comparsa e risultando, a tratti, anche monocorde. Dorsale acida rilevante, tuttavia adeguatamente inserita e ben bilanciata dalla e nella cremosità del sorso. L’assaggio, dritto e di buona intensità, illustra abbastanza bene il concetto di dosaggio zero, senza irruenze furiose, pur con ancora qualche punta in attesa di pialla.

Ha trovato il suo perché con carpaccio di palamita e branzino, mentre i violini Philly Groove, delle produzioni Salsoul - una delle mie etichette seventies disco(grafiche), del cuore - hanno fatto il resto.


mercoledì 11 febbraio 2015

Uno gnomo a Barolo




dj dc
di corsa, senza vocali(st)


Dopo anni di indiscrezioni, pettegolezzi, smentite, illazioni, insinuazioni, falsi avvistamenti, finti sguup, finalmente abbiamo la prova regina che è vicino a noi, anzi, è tra noi e, bontà sua, sta costruendo casa, con il placet della Commissione Unesco, giusto qui, nei Cannubi, a Barolo.

Poverino, è ancora disorientato circa i segni di interpunzione, ma va capito e perdonato.

Chi è? Ma come chi è? E’ lo gnomo armato di ascia.


martedì 10 febbraio 2015

Aoc Morgon 2011 Marcel Lapierre




Si deve a Marcel Lapierre lo sdoganamento e il rilancio, per una nuova vita ed espressione, del vitigno Gamay. Lui, infatti, è stato in grado di dimostrare che un altro risultato era, è possibile, rispetto alla “gabbia” in cui si era cacciato il novello Beaujolais – non così rare le ciofeche – che troviamo anche da noi dai primi di novembre di ogni anno.

E nel bicchiere i risultati si vedono e si apprezzano.
C’è un rubino scuro, concentrato, che esprime freschezza, libera dolcezze di frutta rossa – lampone e ciliegia, fragolina e ribes – con piacevoli note floreali e un già preciso tratteggio speziato.

All’assaggio dimostra piena aderenza con l’olfatto, a partire dalla fresca e dolce golosità – da cui poco dopo si affrancherà - della frutta rossa. Il palato, poco alla volta, viene conquistato da un incalzante profilo speziato e minerale che non abbandonerà più il sorso. Elegante scioltezza, con buona persistenza.

Bere Gamay, in tutta sicurezza – non a torto questo di Lapierre considerato il riferimento della denominazione - senza il rischio di certi novelli.


venerdì 6 febbraio 2015

Aoc Champagne Blanc de Blancs “Les Roises” Extra Brut s.a. Ulysse Collin




Olivier Collin è stato discepolo di Anselme Selosse, dunque, anche per lui valgono le medesime argomentazioni. Sono - lo saranno sempre - champagnes che dividono e spaccano a prescindere, a torto/a ragione, anche in maniera tranchante.

Io mi avvicino a questi vini - come a tutti, del resto - con molto rispetto, avidità di conoscere, soprattutto libero mentalmente, privo di idee precostituite e pregiudizi, evitando di rompermi il cranio con sfiancanti pugnette e sullo stile oxyd, e guarda che è un difetto, e doveva fare la malò, no, non la doveva fare e altre robe che non servono a una beata fava.
A questi vini mi accosto, semplicemente, ma molto attentamente, conscio che il mio naso e il mio palato sono sì discutibili – mancherebbe altro - ma anche soggettivamente sovrani, quanto i tuoi.

“Les Roises” – ci sarà mica qualche Beghina in giro? – è un lieu-dit, una piccola parcella – la più vecchia di cui dispone Olivier a Congy – que du Chardonnay, le cui piante hanno una sessantina d’anni.
Il mio flacone è la vendemmia 2008, non rivendicata in etichetta, con dégorgement 3 ottobre 2012; è uno dei circa 3500 prodotti e, vi assicuro, di non facilissima reperibilità.


Radioso oro liquido, grana finissima, classe pura.
Tutto lo charme della vista prosegue, regalandomi un naso haute couture, che si libera in fretta, per mia fortuna, della nota legnosa. Ergo, praterie di frutta – splendidi cedro, pesca e albicocca – un tocco vegetale e un profluvio continuo e inarrestabile di gesso che si mixa sapientemente a ondate salmastre, iodio e ostrica a bomba.

Questa ricercata tessitura olfattiva, trova - ahimè - solamente parziale riscontro al palato, giacchè i segni del passaggio in legno sono ancora ben percepibili e limitano, seppur in parte, lo sviluppo efficace e la totale rivelazione, anche in bocca, di una materia dalla qualità impressionante.
Gli interpreti olfattivi ci sono tutti, solo che viaggiano col freno a mano tirato, accompagnati costantemente dal peso del mobilio.
Nondimeno, ciò non mi ha precluso di cogliere - e sono qui a tesserne le lodi - l’estrema grassezza, la struttura, la profondità e la verticalità di un sorso, nonchè di constatare quanto sia raro assistere potenza ed eleganza vivere in simbiosi.

In soldoni, è un vino che ha solamente bisogno di tempo in vetro, e molto, affinchè tutte le componenti si integrino armoniosamente. La curiosità di berlo era tanta e mi è servita a capire lo stato dell’arte.
E’ uno champagne già grande – da un millesimo spaziale - tuttavia ancora in fase di assestamento, che si sta preparando a diventare grandissimo. Non ho dubbi.
Così come sono persuaso che anche monsieur Olivier sia sulla strada che lo porterà lontano, quantomeno a eguagliare il suo mentore.




mercoledì 4 febbraio 2015

Aoc Chablis Premier Cru Fourchaume 2010 Bouchard Père & Fils




Si potrebbe riavvolgere il nastro? O, più precisamente, rimettere le bouchon?
No, à la prochaine.
Può succedere, è successo, a una delle consuete cene tra amici, quelle fatte, con rigore cartesiano, a bottiglie blind(ate).
Ah potessi…

Ho calpestato anni fa questo cru, splendido, sulla gobba destra del fiume Le Serein, esposto tutto sud e, ça va sans dire, sottosuolo kimmeridgiano a canna.
Se ci capitate a Chablis, fatevi un tour.

Tutta questa pippa per dire che la boccia è stata, tutto sommato, buona, anche di più, con il peak time toccato quando i calici erano, ahinoi, in sofferenza liquida. Stica!
E’ stato molto abbottonato, già dal naso, con quei delicati sentori di fiori bianchi, di mela, ananas e banana, misti a ostrica e calcare, per una mineralità che c’era, ma quasi volesse passare sotto traccia, o semplicemente dormiente.

In bocca il refrain non è variato, di molto, per lungo tempo – coerenza sì, ma senza strafare, sempre sottovoce, flebile - se non poi esplodere verso la fine, e sfoderare la classe che viene riconosciuta, come d’abitudine, a questi crus.

Tuttavia la quantità ancora presente nei calici, seppur minima, non ha impedito di cogliere l’espressione signorile, raffinata, nonchè la grassezza, di un sorso che ha saputo dimostrare, comunque, percussioni e profondità, lunghezze e ampiezze significative.

La prossima volta o ti svegli prima, o faremo un pisolo, per accoglierti da par nostro.


lunedì 2 febbraio 2015

Signori del vino, chi ben comincia…




Mi sono preso la briga (Alta), in questi giorni, di vedere e rivedere, in streaming, la prima puntata del format “Signori del vino”, trasmessa sabato 31 gennaio alle 23.45 - si parte con i vini del Piemonte, per poi toccare altre 9 regioni - realizzata dal canale 2 della tv di stato, in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

La notizia è stata ripresa, con slancio e partecipazione, da molti blog e siti web che trattano, a vario titolo, l’argomento enologico: “…finalmente si torna a parlare di vino in tv…”, “…un viaggio alla scoperta del meglio dell’Italia del vino…”,“…la storia della viticoltura italiana di nuovo in tv…”, “…a tu per tu con i protagonisti della storia e del presente dell'eccellenza del vino…” etc., titillando alcune corde nostalgiche, con richiami a Gino Veronelli e Mario Soldati.
Tutto molto bello, come diceva spesso, nelle sue telecronache, Bruno Pizzul.

I fatti, giusto un tot (auto)celebrativi e (auto)referenziali.

“Ci troviamo nel cuore delle langhe piemontesi”, questo l'incipit. Che risulti, esistono langhe pugliesi, piuttosto che toscane, piuttosto che liguri???
Si inizia con una piacevole chiacchierata, di cinque minuti, in vigna, con Angelo Gaja, le Roi. Giustissimo e doveroso.
Si arriva a Barolo, per parlare del Barolo, per complessivi 4 minuti e 17 secondi – cronometrati - comprensivi di un minuto con Oreste Brezza e di uno e mezzo con Pietro Ratti, in veste di Presidente del Consorzio Barolo.
Ora, liquidare il re dei vini, il vino dei re, in tal modo, non saprei se definirlo ossequioso, incantato o strabiliante. Non me ne voglia Brezza, di cui bevo i suoi ottimi Barolo e ne racconto su queste pagine, ma qualche altro produttore, magari da affiancare a Oreste, e che abbia fatto la storia di questo vino, era così difficile scovare?


La trasmissione prosegue con due battute due con Carlin Petrini e altri spiccioli di tempo dedicati alle denominazioni Asti, Barbera d’Asti, Cortese, con personaggi che snocciolano numeri - a 3/6 zeri su ettari vitati, bottiglie prodotte, export, etc. – che significano poco e fregano punto.

E magari parlare di lavoro in vigna, tecniche di vinificazione, di botte grande, di barrique? Troppo incolore e dozzinale descrivere come un grappolo diventi vino?
La puntata, nondimeno, due centri li ha fatti: chi non mastica l’argomento avrà certamente compreso quali sono i protagonisti enologici piemontesi, così come quella grandinata di numeri, buttati in ordine sparso, avrà intercettato chi, abitualmente, non è avvezzo a questo mondo, convincendolo a precipitarsi il giorno dopo in qualche enoteca, per fare incetta.

Dopo aver visto la prima puntata, anche io, adesso, faccio parte di coloro che non sono d’accordo circa la collocazione oraria. Per ragioni diametralmente opposte.
Se il taglio continuerà ad essere questo, non vedrei male l’abbinata con le trasmissioni del Consorzio Nettuno – se ancora le passano – verso le 4/5 del mattino.

Un’ altra ghiotta opportunità, tirata alle ortiche e sciupata in malo modo, per comunicare e divulgare, intelligentemente, l’enoverbo in televisione.