Oro
carico, denso e intenso, quasi oleoso. E’ trascorso un lustro, Nino ne ha fatti
dieci lustri, di vendemmie.
Al
naso vince il mare, con i suoi flutti, i suoi cavalloni, più salati che sapidi,
i quali permettono, malvolentieri e con riottosità, l’alternarsi della macchia
mediterranea verde e secca – resina, pigna, ginepro - con lo zafferano e un
debole fruttato che tropicaleggia.
Un
tocco idrocarburico graffia, fino a tatuare, in modo indelebile, una mineralità
rocciosa di alto profilo.
Anche
l’assaggio, freschissimo, ha come protagonista indiscusso il mare. La bocca rivive,
simmetricamente, gli atteggiamenti olfattivi, ed è molto sbilanciata – quasi a
totale appannaggio – verso i sapori marini, che invadono e si impadroniscono
del palato attraverso un sorso che sa essere secco, secchissimo, salato e
pervaso di salsedine, con sfumature iodate che poco alla volta acquisiscono
spessore e personalità. Fortemente persistente, con acidità elettrizzante.
Boccia
che, intuito il suo potenziale - ampiezza e complessità in fieri - ho scelto di abbinare…a nulla.
Il
centellinarla, dopo cena, mi ha condotto in altra dimensione spazio-(a)temporale.
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