venerdì 18 dicembre 2015

Michel Rocourt Champagne Blanc de Blancs Brut 2004




Torno a bere e raccontare un 2004. Lo faccio perchè, testardo me, non mi convinsero i verdetti espressi, all’epoca, dai guru delle bollicine, i quali, accecati da troppa mortadella sugli occhi, dovuta al millesimo 2002, stimarono l’annata 2004, chi modesta, chi insignificante, con più di uno che, addirittura, stroncò. Salvo poi rivalutarla. Ora.

Non mi persuasero, giacchè come scrissi, in altra occasione, i dati analitici erano tutt’altro che disprezzabili (stessa sorte, ora, per la ’98). Nondimeno, fortunatamente, quanto si trova nel calice, per quanto riguarda le mie modestissime bevute, sconferma, le cupe previsioni degli espertoni.

Monsieur Michel se ne sta in pensione, seduto sulla sua sedia a dondolo. Così lo conobbi, alcuni anni fa, durante una mia scorribanda in Champagne. Ora ci sono la figlia ed il genero che si prendono cura, con tanta passione, dei vigneti, situati a Vertus e Le Mesnil sur Oger.



Sette anni sui lieviti e il calice sembra contenga oro liquido.
Tanto il naso, quanto la bocca, sono, in primis, un monolite di gesso. Poi arrivano altre belle cose, in (con)vincente assonanza olfatto-palato. Si va di fiori bianchi, anche maturi (camomilla), nocciola, crema pasticcera, cedro e albicocca confit.
Sorso affilato e mai tagliente, ricco, cremoso e privo di finzioni.
Finale sapido e molto lungo, tutto gesso e caffè in grani.

Già sai che ai piccoli rm manca, sovente, più di un tot (qui fin dall’etichetta), rispetto ai flaconi delle grandi maison.

Sempre più certezze da questo millesimo. Marescialla, s’il te plaît.


 


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