La mia prima volta, seria, con il Nerello
Mascalese, al punto da chiedermi perché abbia aspettato così tanto.
Pendici dell’Etna, qualora ci fossero dubbi, mille
metri slm, da vigne ultra centenarie, molte ancora su piede franco, fermenta in
acciaio e affina 18 mesi in botte grande, per una produzione inferiore alle
tremila bottiglie.
Ricchezza e freschezza subito a braccetto. Una
colata di intensa e piacevolissima dolce mineralità lavica, tanto sottile e raffinata, quanto totalizzante, mi asfalta le
papille, a lungo. Più tardi,
emergono, di pulizia cristallina, note affumicate e speziate, ginepro e alloro,
con l’aspetto fruttato, molto presente, che rimanda al lampone e al ribes nero,
alla fragola e all’amarena.
In bocca, idem come sopra! Esplosive e appassionanti
sensazioni laviche e fruttate, con appaganti note sapide, che hanno soppiantato
le dolcezze nasali. Palato profondo e cangiante, senza soluzione di continuità,
dall’arancia al melograno, dal pepe scuro a sentori di macchia mediterranea, con
la presenza fissa e inalterata della mineralità e dal tannino rampante e carnoso.
Sorso “vulcanico” e pulsante, di tonica
persistenza, dalla silhouette elegantemente
snella e scattante.
Sì, conquistato.
RispondiEliminaIncuriosito leggo: milleottocentonovantacinque, il vino passopisciarese veniva esportato per tagliare Chianti, Barolo e vini francesi...chissà che musica mettevano i Baroni Siciliani, a proposito, ho appena letto una richiesta per una tua consulenza sull'Armadillo...
Caro Marco sapessi quanto Nero d'Avola,negli anni passati, ha dato manforte ai rossi del Piemonte. E qui mi fermo
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