Questa
è la storia di una bottiglia maltrattata, bistrattata, anzi di più. Lo so per
certo in quanto sono io il diretto ed unico responsabile. Maltrattata sotto
tutti gli aspetti. Vuoi per le varie posizioni che ha assunto a causa di
traslochi – prima coricata poi in piedi e infine ancora coricata - vuoi per le
escursioni termiche, da montagne russe, cui è stata sottoposta, nel corso di
questi decenni. Va detto, a mia parziale discolpa, che non sono solito trattare
così le bottiglie, anzi l’esatto opposto, tuttavia, una tantum, é finita così.
La
bottiglia in mio possesso é la numero 20.928 di 25.700 prodotte. Si tratta del
primo millesimo di produzione della Tenuta Greppone Mazzi e per soprammercato é
riserva, ossia ha sostato un anno in più in botte. L’odissea ebbe inizio nel
1985 allorquando la nostra, in compagnia di altre cinque sorelle, varcò la
soglia della mia cantina.
Copro
la bottiglia con la calza nera – mise da
serata di gala - e procedo all’apertura verso mezzogiorno con la speranza - illusione
(?) - di condividerla e goderla - o lavandinarla - con amici a fine cena. Le condizioni
del tappo sono assai critiche essendo per oltre un terzo segnato profondamente
dalla muffa - il cavatappi é entrato come lama nel burro -, con la zona
centrale che non ha retto e si è spezzata, e con la restante parte totalmente
imbevuta.
Scolmo
con estrema cura e, inaspettatamente, mi trovo nel calice un rosso granato ancora
carico, senza cedimenti o derive ossidative. Va da sé che il naso é muto, inespressivo,
omertoso. Buon risveglio!
Trascorse
circa dodici ore dall’apertura il liquido incontra i calici. Il tempo sembrerebbe
trascorso invano, alcun cenno di ripresa. Sembrerebbe. Poi, nel volgere di
mezz’ora, ecco la Rinascita,
inarrestabile. Si svela a folate, poi lo sviluppo diviene incontenibile e
travolgente. Ciò
che mi colpisce, rispetto all’apertura, è il cambio di cromia. Ora l’abito è un
piacevole rosso rubino luminosissimo e di trasparenza cristallina. Impensabile
e incredibile dopo tutto quel tempo.
L’olfatto
ti incanta, una tela dipinta di sottobosco, foglie bagnate e cacao, molto
cacao. Poi tabacco trinciato, liquirizia, accenni terrosi ed ematici, pepe nero
e cuoio, amarena, mora e ciliegia. Sbalorditiva, contestualmente, é la
freschezza che inonda e pervade le narici.
L’ingresso
in bocca sottolinea la seducente eleganza, l’innata classe del Sangiovese
invecchiato magnificamente e porta in dote equilibrio, armonia e complessità sorprendenti.
Il sorso è – ancora - succoso ed ammaliante; gli espertoni lo definirebbero
“masticabile”. L’aderenza del palato con il profilo olfattivo è – sto esaurendo
gli aggettivi – encomiabile, senza la minima sbavatura. Anche al gusto é la
freschezza, la verve acida che ti
acchiappa, retta da una tannicità aristocratica, che col passare del tempo
diventa sempre più penetrante, agguerrita. Una beva prodigiosa e contagiosa perfeziona questa sinfonia. Tenore alcolico splendidamente
bilanciato, con chiusura interminabile, sconfinata, su pennellate precise di
cacao e spezie dolci.
La
boccia coperta ha, ovviamente, scatenato azzardi soprattutto circa l’età anagrafica
ma nessuno l’ha battezzata “fine anni ‘70”. Nessuno eccetto Gloria che, con nonchalance, butta lì un: "…1979,
il mio anno di nascita”. A quel punto “svesto” la boccia e tutti, Gloria
compresa, increduli e sbigottiti.
Chiudo
questo lungo post con un paio di considerazioni.
La
prima consiste nel rassicurare i miei lettori che le iperboli usate per
raccontare questo capolavoro non sono assolutamente sprecate, ma quannocevòcevò. In
secondo luogo, alla faccia di tutte ‘ste pippe
mentali per la conservazione dei flaconi - io per primo cerco di seguire
scrupolosamente e mettere in pratica le indicazioni degli esperti. Sarà stata senz’altro
la fortuna e l'eccezione che conferma la regola. Fino a prova contraria.
Si è trattata di una
bevuta di cui, ne sono certo, ci ricorderemo per lungo tempo, anche e
soprattutto Gloria, ché non capita così frequentemente incrociare una bottiglia
del proprio millesimo - a meno di essere nati una manciata di giorni prima – e di
trovarla in così splendida forma. All’ultima superstite concedo ancora riposo,
la sfida continua. À la prochaine.
Si tratta assolutamente della sorpresa della serata. Nessuno dei presenti durante l'assaggio ha intuito la reale età di questo signore. La presenza ancora elevata di tannini ha tratto in inganno tutti, come anche l'eleganza. L'unica nota negativa, che non intacca in nessun modo la qualità della bottiglia, è che il tempo ha mitigato sensibilmente le caratteristiche tipiche del Brunello. Ma direi che è un aspetto ampiamente sopportabile che fa parte del lungo invecchiamento.
RispondiEliminaFinisco il commento riportando una piccola cattiveria: la qualità della bottiglia è una sorpresa ancor maggiore tenendo conto che proviene dall'azienda che ha fatto il rosatello! (cit.)
L'anonimo gaudente
Sono d'accordo in toto con quanto scrivi. Grazie Anonimo Gaudente e Competente.
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