Avete
prestato attenzione alle prime tre lettere del titolo? Vino da tavola – vdt – e
non Doc. Proprio così hanno deciso coloro i quali verificano che i vini
corrispondano, in tutto e per tutto, a quanto vergato nel disciplinare. A partire
dal colore. Infatti giusto la cromia sarebbe la responsabile del
“declassamento” da Doc a Vdt. Troppo carico, ipse dixit. Non corrisponde(rebbe).
Il
primo effetto di cotanta bocciatura é quello di non poter precisare in
etichetta il millesimo. Orbene, se questo fosse un blog dove la vis polemica é struttura portante
sarebbe giocoforza scatenare le ire, le ironie, i sarcasmi fin da subito. E il post
prenderebbe una piega non voluta e completamente differente. Ergo, facendo ricorso ad una tipica espressione oxfordiana, preferisco evitare di "farla fuori del vasino". Nondimeno,
lo scopo di questo spazio é di tutt’altra natura – provo a raccontare di vino e
di cibo, a modo mio - e la polemica – sterile o costruttiva, appropriata o inopportuna - sta agli antipodi della mission. Ad ogni buon conto, mi piace pensare che Nino davanti a questi verdetti
tiri dritto per la sua strada e magari sotto sotto gli scappi un elegante je m’en fous. Può
bastare - passo e chiudo - parliamo di vino.
Questo
di Nino sarebbe – é, a tutti gli effetti – Vermentino in purezza. Gli é che il Nostro lascia macerare le bucce per qualche
giorno - ecco svelato l’arcano dell’aspetto. Questa é l’annata duemiladieci ed il liquido ha il colore dell’oro, splendente. Al naso é il trionfo del mare. Lo
iodio che respiri al mattino presto quando passeggi sulla battigia e avverti le
onde che te lo conducono fin nei polmoni, la resina che ti alita la sera allorché
attraversi le pinete marine. E poi il balsamico, il minerale, il sale.
Tutto
ciò si è riproposto, tale e quale, al palato. Un aroma via l’altro, amplificato. Ritrovo il balsamico, poi la salsedine mista a resina, poi una rilevante acidità, poi il finale lungo e salato, poi l’impeto
delle onde sugli scogli. Poi, poi, poi… la bottiglia é terminata in virtù di una beva sfrenata e libertina. Presumo l’avessi
fatta durare maggiormente mi avrebbe riservato altre meraviglie, ancora. Un vino gastronomico, non per
tutti e non solamente per l’esiguità della produzione – duemila bottiglie, non così scontato trovarle.
C’é
Nino in questa bottiglia. Lui con tutta la sua autenticità e la sua lealtà, la
sua umiltà e la sua passione: queste sì virtù Doc, anzi Docg. Andate a
conoscerlo, entrerete in un altro mondo, il mondo di Nino Perrino.
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