In
questi giorni, mi sono preso la licenza, di scomodare
dal sonno, questo monumento al Sangiovese. Mi ha dato l’impressione, già al
momento in cui prelevavo la boccia dalla rastrelliera, che lo stessi importunando, molestando.
Lo
porto in casa, lui mi osserva e mi pare di sentirgli dire “… lasciami stare,
non è il momento”. Stappo e verso il liquido che sfoggia un intenso e luminoso rosso
granato. Al naso c’è la frutta dolce, sa di amarena, lampone, ribes, prugna;
l’aspetto floreale libera viola e una splendida, profumatissima rosa. Il
corredo olfattivo si completa con una fine speziatura ed un tocco balsamico.
Passo
all'assaggio e qui comprendo meglio il senso del “lasciami stare, non è
il momento”. Si concederà, lentamente ma non completamente. Trovo buona
coerenza ed equilibrio apprezzabile; il tannino è abbastanza fine e l’alcol appena accennato; una bella spina acida, con discreto allungo.
Pronto,
ma non prontissimo. Si può, tuttavia, cominciare a bere, ancorchè la
complessità - quella che si riconosce ai vini di Biondi Santi – sia attualmente
in fieri e abbisogni, per perfezionarsi
e completarsi, di tempo, di vetro.
Nel
caso di specie, l’abbinamento con il cinghiale è stata, mio malgrado, la morte
sua, nonostante il vino – e magari anche la bonanima di Franco - dall’alto
della sua austerità, scuotesse il capo e, sorridendo, mi dicesse: “Vedi che
avevo ragione, testone!”.
Nessun commento:
Posta un commento