Il
cru Montestefano – tra i primi ad
essere vinificato in purezza con menzione in etichetta - è, unanimemente, ritenuto
“il più Barolo tra i Barbaresco”. Questa nomea se l’è guadagnata, con merito, sul campo, giacchè gli si riconoscono qualità quali, longevità e grande struttura
che, solitamente, si ascrivono ai Barolo.
Oggi
tocca a questa minuscola azienda famigliare – Teobaldo e sua moglie – che
coltiva, con precisione certosina, giusto nel Montestefano, un paio di ettari e
pratica affinamento in botte grande, da sempre.
Il
vestito è scarico, ma luminosissimo, con un’unghia che sfuma sul granato. Serve
un po’ di tempo, a svelare le sue peculiarità al naso, anche per via del
formato magnum. Peculiarità che, poco
alla volta, si manifestano, disegnando un quadro fine e sfaccettato, al cui
interno incontro profumi di humus e foglie secche, frutti di bosco - lampone e
ribes – e note floreali di viola e rosa. Cacao, tabacco e una forte presenza
speziata arricchiscono il profilo olfattivo.
L’ingresso
è di affascinante eleganza, tensione e freschezza e non mi sorprende, affatto, ritrovare
al palato le medesime sensazioni olfattive, per altro sempre più intense, al
passare del tempo. Avverto, inoltre, qualche segno di terziarizzazione che si esprime
regalando sapori di cuoio e di catrame. Grande coerenza e ottimo slancio acido,
bella struttura e tannino di velluto, tenore alcolico mai fuori scala e beva incontenibile,
costituiscono gli ingredienti di questo sorso davvero equilibrato – con finale
in ulteriore crescendo - che si è dimostrato, fortemente, ancorato al suo
territorio. Chiude, senza indecisioni, lungo e persistente, liberando un’
intensa scia balsamica.
Una
bevuta di stile.
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