Circa gli champagne di Beaufort, se ne sente e
se ne legge di tutto e di più.
A Jacques, nello specifico, gli viene addebitata carenza di regolarità qualitativa, rimproverandogli, spesse volte, bassa acidità, riduzione a manetta e altre puzzette.
A Jacques, nello specifico, gli viene addebitata carenza di regolarità qualitativa, rimproverandogli, spesse volte, bassa acidità, riduzione a manetta e altre puzzette.
Per capire e apprezzare questi vini, è
fondamentale, e indispensabile, secondo il mio modestissimo parere, avvicinarsi
con un approccio completamente diverso, opposto direi, dal classico “dai
beviamo una bolla anyway”.
Non a caso ho scritto vini…
Oltre due anni fa, passai un intero pomeriggio
da lui, ad ascoltarlo e, naturalmente, bevendo. Una persona semplicissima, di
una umiltà senza pari. Ma anche di grande convinzione e saggezza. Assaggiai una
quindicina di suoi champagne, di cui alcuni aperti da tre, dico tre settimane,
a temperatura ambiente del suo garage (15-17 gradi).
Alcun difetto, qualche lieve sbavatura. Prova a bere una qualsiasi bollicina a quella temperatura, poi
mi citofoni e ne parliamo...
Di questo brut
nature, da vigneti in Ambonnay – altra storia da quelli di Polisy - ne
comprai sei bocce, sboccatura luglio 2012, e questa è l’ultima. Tutte aperte
con adeguato anticipo, inizialmente tutte rigorosamente ridotte, aspettate il necessario
e rivelatesi tutte mai meno che ottime, bevute mai fredde, appena fresche o, anche meno.
Ecco l’approccio. Poi, per carità, se ci sono
difetti, sono il primo a riconoscerli e, quanto a Jacques, non necessita delle
mie perorazioni. Non sto sostenendo siano champagne perfetti, affermo essere
diversi da quasi tutti gli altri. La cartina di tornasole è il profilo
organolettico, inusuale per uno champagne.
Tutte le sue cuvée, provenienza Ambonnay – sia
b.s.a, che millesimate – fanno malò, hanno
il medesimo assemblaggio - 80 Pinot Nero e saldo di Chardonnay – e passano
almeno 3 anni sui lieviti.
Il perlage
è sottile, con un naso decisamente intenso e sfaccettato. Spiazzante l’inaspettata
menta, come filo conduttore, con altri interpreti vegetali di pulizia
inequivocabile: camomilla e fieno, foglia di pomodoro e salvia.
Deliziosa la quota fruttata, con cedro e
pompelmo, ciliegia e mela cotogna.
Una mineralità più defilata e tocchi di cipria, non esauriscono una convintissima tessitura olfattiva, sempre cangiante e in crescita espressiva.
Una mineralità più defilata e tocchi di cipria, non esauriscono una convintissima tessitura olfattiva, sempre cangiante e in crescita espressiva.
Grande dinamismo al palato, con pregiate
stilettate di acidità, che affilano e conferiscono tensione al sorso, che
comunque non ha nevrosi da brut nature.
Rigorosa e puntualissima l’aderenza naso-palato, con l’aspetto vegetale sempre
trainante e una menta di incantevole taglienza e profondità.
Lunghezza determinata e notevole persistenza,
per un finale balsamico-mentolato e una bella cifra di zenzero.
Uno champagne non per tutti, la cui accezione non vuole essere nè ad excludendum, nè snob, semmai, a prova di imbecille: se
hai fretta, bevi altro, magari ghiacciato a 3/4 gradi.
Appagante con gnocchi di patate viola, burro
e salvia.
Nessun commento:
Posta un commento