Negli anni, l’amicizia e la profonda stima
che mi legano a Nino, forse, mio malgrado, mi hanno condizionato un filo e
così, ancorchè beva con continuità le sue bottiglie – tanto il bianco, quanto il
rosso – succede di scriverne con troppa parsimonia.
Cicero
pro domo mia,
finirei per parlarne sempre bene, e questo potrebbe destare (ingiustificati) sospetti e non vorrei qualcuno prefigurasse l’ennesimo conflitto di interessi in atto
nel nostro paese.
Sgombero il campo e anche stavolta non posso
che tessere le lodi di questo Vermentino, colto in una fase raggiante.
Una lettura del terroir impeccabile, che allinea e fa collimare, naso con palato.
Una lettura del terroir che, tuttavia, sa andare oltre quel binomio e, per quanto
mi riguarda, arriva dritta al cuore.
Pochi elementi, autentici e di purezza
cristallina, espressione di un vitigno che vive e respira il suo contesto: un
concentrato di iodio, sale e resina, arricchito da ginepro ed erbe del sottobosco della Valle
Nervia.
Equilibrio e acidità danno del tu a sorsi di
profonda intensità e appagante persistenza, col finale identico all’esordio: dissetante
e secchissimo, salato e salmastro.
Non berlo freddo e assaporalo come fosse un
distillato, solo così lo apprezzerai e frenerai, in parte, l'impetuosa beva.
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