Era da qualche annetto che non bevevo questo
champagne e l’ho voluto riprovare, sia perché conservo, tuttora, un bel
ricordo, sia per verificare quanto, nel frattempo, fossero cambiati i miei
gusti.
I numeri della Duval-Leroy - proprietaria di circa 200 ettari che coprono
solamente per un terzo il suo fabbisogno - sono già di elevato spessore, con
una produzione che tocca sei milioni di bottiglie.
Per questo champagne, la maison si limita ad indicare i cepages
che vi concorrono – Chardonnay e Pinot Nero – ammettendo sì il predominio della
bacca bianca, tuttavia, tenendo segrete le percentuali. Parimenti, non viene
indicata la data di sboccatura, anche se la dilatazione del tappo mi induce a
ritenerla abbastanza recente.
Alla vista è giallo tenue con abbondante spuma e
fine effervescenza, mentre il naso, se si esclude una marginale parte di fiori bianchi,
ruota molto sui frutti rossi, classici, da Pinot Nero e su aromi di biscotto
secco, con un tocco minerale di tutto rispetto.
In bocca è fine ed elegante, rivelandosi subito
ampio. C’è coerenza e si ripropone, anche qui, il dominio della bacca nera, con
i frutti rossi sugli scudi che mostrano la
spalla, inequivocabile, pinotnerotteggiante.
Non difetta sia di freschezza che di acidità e col passare del tempo si allarga,
ulteriormente, quella splendida vena minerale. Anche il dosaggio risulta ben
integrato – e sappiamo quanto i grandi marchi siano generosi con la liqueur. Il sorso scorre veloce, con
buona persistenza, per terminare su toni minerali, anice, spezie ed un cenno,
piacevole, di amarostico, quell’amertume
che i cugini adorano.
L’accoppiata con tonno fresco – cattura mare nostrum - appena scottato, è stata premiante.
Beh, me lo ricordavo, pressappoco, in questi termini o forse non così
buono. Ah, la memoria.
Venti eurini, più spedizione, sul web. Ça suffit?
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