mercoledì 4 settembre 2013

Aoc Champagne Cuvée n° 736 Extra Brut s.a. Jacquesson





Tre indizi fanno una prova?
“…il migliore della serie 700, olfatto ricchissimo, tenace persistenza, profondità all’assaggio, champagne della svolta... superbe nez, structure remarquable, fraicheur, expressivité, puissance…”

No, non ho sintetizzato, in poche parole, l’ultima cuvée numerata dei fratelli Chiquet, né ho adottato la lingua dei cugini. Ho riportato alcuni giudizi di esperti, bloggers, giornalisti et similia.

Mettiamo un po’ d’ordine. Il mio primo assaggio risale a circa due mesi fa, durante una degustazione di champagnes. Non mi aveva sbalordito, lo ammetto, ma si sa, durante questi incontri si chiacchiera, si osserva, si… – almeno io – e può succedere di perdere di vista quello che c’è nel bicchiere. Orbene, questa settimana ho deciso di aprirne una – berla tout court- la cui sboccatura è di agosto dello scorso anno. Sensazioni, e qualcosa di più, che hanno confermato le precedenti. Mah, non convinto, lascio passare qualche giorno e ne apro una seconda, questa con un mese in più di degorgio.
I.c.s., idem come sopra.

La 736 è stata descritta come la cuvée della svolta, dopo che dal 2008 i vigneti – sia quelli di proprietà che quelli dei conferitori – sono passati in regime biologico, e si è detto del 2008 come di un’ ottima annata. Questo è un assemblaggio composto dal 53% di Chardonnay, 29% di Pinot Noir, 18% di Pinot Meunier e dosato a 1,5 g/l. La vendemmia 2008 costituisce l’asse portante, con i vini di riserva che intervengono per il 34% (annate 2006 e 2007).

Questo è il resoconto di due bottiglie, praticamente, uguali.
La spuma è esuberante, con perlage non molto fine. Al naso è dapprima chiuso, ma concederà pochino anche dopo; fin troppo delicato, quasi inespressivo. E in bocca, non è meglio - non lo identifico - con un’acidità veemente e tagliente, unita ad una bolla non molto fine che condizionano e non invogliano alla beva. Un vino slegato, incompiuto e privo di equilibrio, con la carbonica, ripeto, che viaggia a briglia sciolta (in misura maggiore nella seconda boccia).
Purtroppo per me – e per i miei eurini - non ho, nemmeno lontanamente, riscontrato tutta quella mineralità, quella profondità, quella struttura, quella persistenza, di cui hanno beneficiato – felix eos – altri recensori. Cose che non avrei mai pensato di scrivere circa i prodotti di questa Maison.
Da sempre adoro Jacquesson e il suo stile, ma parlando della serie 7xx, queste bevute le colloco tra quelle da dimenticare e già la 735 – raccontata qui – non mi aveva etonné. Mi tengo strette la 733 e 734 (soprattutto), quelle sì minerali, profonde, strutturate, lunghissime, in una parola emozionanti.

Tornando al quesito d’apertura, aveva ragione Agatha Christie o devo invocare, comme d'habitude, la locuzione “bottiglia(/e) iellata(/e)”?


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