Tre
indizi fanno una prova?
“…il migliore della serie 700,
olfatto ricchissimo, tenace persistenza, profondità all’assaggio, champagne
della svolta... superbe nez, structure remarquable, fraicheur, expressivité, puissance…”
No,
non ho sintetizzato, in poche parole, l’ultima cuvée numerata dei fratelli Chiquet, né ho adottato la lingua dei
cugini. Ho riportato alcuni giudizi di esperti, bloggers, giornalisti et
similia.
Mettiamo
un po’ d’ordine. Il mio primo assaggio risale
a circa due mesi fa, durante una degustazione di champagnes. Non mi aveva sbalordito, lo ammetto, ma si sa, durante
questi incontri si chiacchiera, si osserva, si… – almeno io – e può succedere
di perdere di vista quello che c’è nel bicchiere. Orbene, questa settimana ho
deciso di aprirne una – berla tout court-
la cui sboccatura è di agosto dello scorso anno. Sensazioni,
e qualcosa di più, che hanno confermato le precedenti. Mah, non convinto,
lascio passare qualche giorno e ne apro una seconda, questa con un mese in più
di degorgio.
I.c.s., idem come sopra.
La
736 è stata descritta come la cuvée
della svolta, dopo che dal 2008 i vigneti – sia quelli di proprietà che quelli
dei conferitori – sono passati in regime biologico, e si è detto del 2008 come
di un’ ottima annata. Questo è un assemblaggio composto dal 53% di Chardonnay,
29% di Pinot Noir, 18% di Pinot Meunier e dosato a 1,5 g/l. La vendemmia 2008
costituisce l’asse portante, con i vini di riserva che intervengono per il 34%
(annate 2006 e 2007).
Questo
è il resoconto di due bottiglie, praticamente, uguali.
La
spuma è esuberante, con perlage non
molto fine. Al naso è dapprima chiuso, ma concederà pochino anche dopo; fin
troppo delicato, quasi inespressivo. E in bocca, non è meglio - non lo identifico
- con un’acidità veemente e tagliente, unita ad una bolla
non molto fine che condizionano e non invogliano alla beva. Un vino slegato, incompiuto
e privo di equilibrio, con la carbonica, ripeto, che viaggia a briglia sciolta (in misura maggiore nella seconda boccia).
Purtroppo per me – e per i miei eurini - non
ho, nemmeno lontanamente, riscontrato tutta quella mineralità, quella
profondità, quella struttura, quella persistenza, di cui hanno beneficiato – felix eos – altri recensori. Cose
che non avrei mai pensato di scrivere circa i prodotti di questa Maison.
Da sempre adoro Jacquesson e il
suo stile, ma parlando della serie 7xx, queste bevute le colloco tra quelle da
dimenticare e già la 735 – raccontata qui – non mi aveva etonné. Mi tengo strette la 733 e 734 (soprattutto), quelle sì minerali, profonde, strutturate, lunghissime, in
una parola emozionanti.
Tornando
al quesito d’apertura, aveva
ragione Agatha Christie o devo invocare, comme d'habitude, la locuzione “bottiglia(/e)
iellata(/e)”?
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