Puntualmente
e immancabilmente, come i mandarini a Natale, in prossimità delle feste, se ne
esce qualcuno – in realtà più d’uno - attraverso web, social, carta stampata e
media tout court, a rinfocolare
l’eterna, futile, sterile e sciocca diatriba tra Champagne e spumanti italiani,
specificatamente metodo classico.
Oceani
di parole, paralleli risibili, improponibili, improduttivi. E idioti.
Tutto
per cosa?
Per
dirci, in primis, che bisogna stare attenti a quale Champagne si compra, altrimenti è più saggio e vantaggioso rimanere in territorio italico. E giù una lenzuolata di elucubrazioni, di distinguo
e di precisazioni stravaganti e strampalate.
Per
ricordarci, in aggiunta, che gli Champagne presenti nella gdo sono inferiori ai nostri
prodotti, dal momento che a costoro riesce l‘impresa, stupefacente, di accostare
una cuvée "de noantri", il più delle
volte di alta gamma – a lorsignori piace vincere facile - con uno Champagne di
fascia basica.
Oppure,
più pedestremente, ma verosimilmente, per far passare il messaggio, artato e surrettizio, che, anche noi italiani, quanto a bollicine, teniamo una minkia tanta.
Perdonate l'ispirato francesismo, manca poco al Natale.
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