Molteplici
sono le porte – a forma di bottiglia, ovvio - per entrare nell’eno-orbita di
Marco Sferlazzo. Non molto tempo fa ho scritto del suo modus operandi e, nello specifico, del suo
Nero d’Avola.
Oggi
tocca ad un bianco, il Catarratto in declinazione secca, uno tra i più antichi
vitigni autoctoni siculi.
Non
è casuale questa scelta, in quanto è il vino con il quale Marco si presenta, e
stringendoti la mano, te lo versa nel calice per iniziarti ai frutti delle sue
fatiche. Solitamente questi prodotti vengono definiti (im)propriamente base,
fascia di ingresso, entry level…Io,
bastian contrario, ricorro ad altra definizione: vino “biglietto da visita”. Nel
bene e nel male.
Qualche
anno di vetro ti lascia nel bicchiere un liquido oro intenso, con riflessi
ambrati. Personalità e precisione fin dal naso. Ci sono i profumi, netti, della
Sicilia: agrumi – cedro e mandarino – albicocca, fichi, un tocco floreale e di
erbe aromatiche e tantissima mineralità iodata.
Al
palato è asciuttissimo e verticale, con a tratti una, quasi impercettibile,
carbonica. Per il resto, riprende, specularmente, le impressioni olfattive.
Vibra di acidità e freschezza con gli agrumi che, con il passare del tempo –
poco, in verità, perché la boccia è finita in un amen – vengono
sopraffatti dalla forte connotazione minerale e salmastra che ha assunto il
sorso. Di persistenza memorabile, chiude lungo, lasciandomi una bocca più salina
che sapida e un'affilata scia idrocarburica.
Dedicato
a coloro i quali sostengono che i vini con poca o zero solforosa non durano e sono
imbevibili.
Appuntatevi
questo biglietto da visita. Schietto, immediato e di carattere, come Marco.
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