Si deve a Marcel Lapierre lo sdoganamento e
il rilancio, per una nuova vita ed espressione, del vitigno Gamay. Lui,
infatti, è stato in grado di dimostrare che un altro risultato era, è
possibile, rispetto alla “gabbia” in cui si era cacciato il novello Beaujolais
– non così rare le ciofeche – che troviamo anche da noi dai primi di novembre
di ogni anno.
E nel bicchiere i risultati si vedono e si
apprezzano.
C’è un rubino scuro, concentrato, che esprime
freschezza, libera dolcezze di frutta rossa – lampone e ciliegia, fragolina e
ribes – con piacevoli note floreali e un già preciso tratteggio speziato.
All’assaggio dimostra piena aderenza con l’olfatto,
a partire dalla fresca e dolce golosità – da cui poco dopo si affrancherà -
della frutta rossa. Il palato, poco alla volta, viene conquistato da un
incalzante profilo speziato e minerale che non abbandonerà più il sorso. Elegante
scioltezza, con buona persistenza.
Bere Gamay, in tutta sicurezza – non a torto
questo di Lapierre considerato il riferimento della denominazione - senza il rischio di certi
novelli.
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