Côte des Bar, con Montgueux che ne costituisce l’enclave
gessosa. Solo qui, alle porte di Troyes, il sottosuolo di questa collina
presenta, grosso modo, le medesime peculiarità, della ben più famosa Costa dei
Bianchi. Ergo, lo Chardonnay è il vitigno che più si presta.
Più di un esperto considera, non mi interessa
se a torto, o a ragione, Montgueux, come l’unica zona degna di
considerazione dell’Aube – per qualcuno è la “Montrachet” della Champagne - e
in grado di garantire prodotti di qualità assoluta.
La critica che conta,
scrive molto, e soprattutto benissimo, dei vini di questo produttore, al punto
da essere diventati très branché.
Se c’è gesso, ci deve essere tanta
mineralità. Tuttavia, il mio flacone ne conteneva davvero poca. Già il prologo
olfattivo è stato molto ermetico, impacciato e poco leggibile, con solamente
qualche cenno di limone, scarne note floreali e un’indecisa mandorla.
Speravo in uno scatto al palato, viceversa, ho
dovuto accontentarmi di un tocco agrumato – scorza di arancia – e una sommessa sensazione
vegetale.
Chiude il cerchio, una effervescenza di smisurata taglienza.
Mineralità? Chi era costei? Neanche a
distanza di un’ora.
A questo sorso non resta che la verticalità, pochino
per una boccia che sfiora i 4 deca.
Già saprai dove sto andando. Sì, proprio in Côte
des Blancs, giusto due rampe di scale, nella mia cave.
Nessun commento:
Posta un commento