Ne tirano circa 4 milioni - i tre quarti dell’intera produzione – ergo, è la numericamente potente carte de visite della casa.
L’assemblaggio di 40 differenti cru, vede le tre uve classiche della
Champagne: solitamente Chardonnay 40, Pinot Noir 40 e saldo di Pinot Meunier, fatta
salva, talvolta, qualche minima variazione percentuale. Mai meno di tre anni
sui lieviti, mentre il peso dei vini di riserva non scende sotto il 20 per
cento.
La mia boccia, la cui sboccatura risale a
circa un anno fa, ha un naso fresco, con sentori di vaniglia, brioche e
nocciola, un sottile tratteggio floreale, molti agrumi, anche in canditura,
fruttini rossi – fragola e ribes – ma di esile tessitura minerale.
In bocca c’è freschezza, ma anche un
sottofondo di sensazioni dolci, con una maturità di frutto, vergata da
increspature vanigliate. Scende il livello del liquido e sale, di pari passo,
la dimensione evoluta dei sorsi.
Finale di media lunghezza, arrotondato di vaniglia e frutta candita.
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