Il post di oggi, mi offre l’opportunità di rispondere
a coloro i quali, mi domandano, come mai gli champagne della Côte des Bar, la zona più meridionale
dell’area Champagne, non bazzichino sovente questi pixel.
Molteplici
le concause e, qualcuna, già richiamata in precedenti occasioni.
In
primis,
lapidariamente, ma efficacemente, la liquido così: ”Borgogna nord con le bolle”.
Articolando un tot il discorso - qui comunque troppo lungo, stucchevole,
senz’altro discutibile e, in definitiva, forse inutile – ritengo
questi suoli, storicamente, non dispongano di quella vocazione da nobile
effervescenza con la C maiuscola. Storicamente e geologicamente, soprattutto
geologicamente.
Con l’eccezione, forse, di Montgueux, l’enclave baciata dal gesso, dove lo
Chardonnay ritrova, seppur parzialmente, il suo habitat.
Ergo, la situazione
dell’Aube, è a pelle di leopardo, dove la bacca nera bastona di bella, a
prescindere, con pochi e ispirati produttori.
Chi intendesse approfondire l’argomento, legga
la storia, segnatamente la rivolta dei contadini dell’Aube del 1911 e, in seguito,
vada conoscere queste bollicine, ne beva tantissime, compiendo un parallelo con
quelle di Epernay e dintorni.
Io l’ho fatto e garantisco si tratti di un’esperienza
fondamentale, ben oltre la mera didattica.
Fine di questo stancante pippone e sotto con i vini di Bertrand Gautherot: due da Pinot Nero in purezza, di cui un rosé de saignèe – struttura tanta, eleganza
poca - e due da Chardonnay, un brut
nature e il Blanc d’Argile, dal lieux-dit
Bas des Biaunes, suolo estremamente argilloso, nome omen, tirato in circa
1500 bottiglie.
Al naso parte, lancia in resta, verticale,
molto minerale e un filo oxyd, con la
frazione fruttata che emerge dopo – nitida pera e bergamotto – e assiste al
ritorno della grassa componente argillosa, con inserti di fieno e camomilla.
In bocca è rettilineo e la vigorosa mineralità
continua a far, bene, la parte del leone, mentre l’effervescenza ha più di una increspatura. Di complessità ondivaga, termina fresco e intensamente minerale, con
riflessi citrini ed erbe di campo.
Vino sicuramente di terroir, con il fattore prezzo, non
secondario, prevalente sulla felicità.
Più in generale, fatto salvo il palato di ognuno
di noi, sempre sovrano, sia chiaro e, messi da parte, sempre, tutti i preconcetti,
parlare, sic et simpliciter, di
gusti, spesso è riduttivo, quando non anche fuorviante.
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