Quando
leggo Radda in Chianti, cuore del Chianti Classico, mi emoziono e la bocca già
saliva.
Sono
conquistato dai vini che si ottengono da queste parti.
Sono
circa sei gli ettari vitati, condotti da questa azienda, in regime biologico –
percentuali bulgare di Sangiovese, qualcosina di Canaiolo e un po’ di Merlot –
per una produzione che si aggira intorno alle trentamila bottiglie.
Poche
unità di Canaiolo, a saldare la quasi totalità di Sangiovese per un bicchiere
rosso rubino trasparente. Al naso fruttini di bosco, amarena, del floreale –
rosa e violetta – e una nota speziata… che non arriva.
In
bocca, una concreta affinità alla trama olfattiva, un tannino fiero e
scalpitante, sostenuto da cospicua acidità. Per mia sfortuna, un tenore
alcolico, sopra le righe, copre l'ottima e tipica materia di questo flacone. Ne consegue una beva sottomessa,
inibita. Non persuaso, rinvio di ventiquattro ore, tuttavia il quadro non
cambia, con l’alcol ancora a primeggiare.
Giudizio
sospeso, in attesa di altri stappi, che non si faranno attendere.
Ho
raccontato un altro Chianti Classico a questo indirizzo:
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