Nell’’ultimo numero della rivista dell’Assoenologi - l’Enologo gen-feb 2014 – mi ha colpito l’editoriale a firma di Riccardo Cotarella e Giuseppe Martelli, rispettivamente presidente e direttore generale dell’associazione.
Mi
disinteresso dell’offensiva condotta nei confronti del vino cosiddetto naturale
– questi ampollosi, improduttivi e retorici bla
bla mi hanno scassato la uallera
– per focalizzarmi su altre affermazioni che, queste sì, hanno destato la mia
attenzione. Ne riprendo giusto due, all'apparenza per nulla strampalate e ampiamente condivisibili:
“…l’overdose di
informazione (sul
vino ndr) rischia di produrre solo
mancanza di confronto e disinformazione…”
“…il consumo (di vino ndr) è in calo in tutti i Paesi produttori…”
Tutto vero.
Tutto vero.
In prima battuta, vengono
chiamati, sul banco degli
imputati, i dispositivi elettronici portatili – tablet, smart phone, etc.
– come generatori e alimentatori di overdose
di informazione; mentre il secondo passaggio, inevitabile e consequenziale, consiste nel porre quelle due
asserzioni in strettissima relazione, sostenendo siano collegate tra loro da un
rapporto di causalità.
In
italiano spicciolo e sintetico – a prova
di imbecille – il loro ragionamento: esiste un sovraccarico di informazione
tale per cui, viaggiando attraverso la tecnologia mobile (causa), si trasforma
in disinformazione, la quale, a sua volta, origina il calo del consumo di vino
(effetto).
Va
da sé che l’enunciato sia rivolto a chi si serve di questi strumenti infernali,
facendo (dis)informazione sulla rete, a cominciare dai wine-bloggers e tutti coloro che
scrivono, rispondono, diffondono, riprendono, a vario titolo, argomenti
inerenti il vino.
A
ben pensarci, i due, non hanno tutti i torti e mi trovano totalmente d’accordo, ma per
ragioni diametralmente opposte alle loro. Le illustro, non prima di aver fatto una
piccola premessa.
Alcuni
mesi fa, in tempi non sospetti, nel mio post 101, tra amenità varie, scrissi,
ammettendo la mia sana invidia, di recensioni di vini sulla rete sempre al top
di aromi, di sapori e con punteggi mirabolanti.
Orbene,
solo per restare in territorio italico, analizziamo, ad esempio, i principali wine-blogs più frequentati. Ditemi, su cento flaconi raccontati, quanti ne avete letti
di “sfortunati”, “sottoperformanti”, “muti”, “chiusi” e via discorrendo:
la metà (di uno)?, tre quarti (di uno)?
Questi
scrittori di vini divini – che io per primo
leggo e dai quali imparo quotidianamente - a differenza di quanto succede su
questi pixel (che non contano una cippa) e su quelli di molti altri
appassionati, che ci compriamo le bottiglie di tasca nostra, costoro dicevo, si
vedono recapitare le campionature dalle aziende, aggratis, e ne scrivono. E ne scrivono, solitamente, molto bene - credo
alla loro onestà intellettuale - o, nella peggiore delle ipotesi, glissano, alzano
la cornetta e dicono al produttore che c’erano dei problemi e di inviare altra
campionatura.
Di
flaconi che non mi hanno soddisfatto ne ho trovati e, esclusi i “tappati”, ve
ne ho dato conto - sempre nel rispetto di chi lavora, ma anche di chi mi legge
- e la cornetta l’ho alzata per chiedere, semmai, spiegazioni al produttore. Il
resto non mi interessa.
Anche a questo blog – nato ieri, piccolino e un po' naïf - giungono offerte, gratuite, di campionature, cortesemente ma, sempre, risolutamente declinate.
Anche a questo blog – nato ieri, piccolino e un po' naïf - giungono offerte, gratuite, di campionature, cortesemente ma, sempre, risolutamente declinate.
Ognuno compie le proprie scelte. Alcuna
insinuazione, solo constatazioni.
La
mia opinione - apertis verbis – è che
sulla rete, ma, in generale, dappertutto, se ne parli fin troppo bene dei vini…buoni e non se ne parli mai, o
quasi mai, di quelli mediocri o scadenti. Le motivazioni sono svariate - non è il caso che ve le spieghi - e le capite da soli.
Molte
volte, mi è successo di leggere ottime recensioni e di procedere, convinto,
all’acquisto, salvo poi trovarmi nel calice prodotti abbastanza distanti e
difformi da come erano stati raccontati e mi riferisco a più flaconi dello stesso
vino, azienda, millesimo, etc.
E’ vero, come sostengo sempre, che ogni flacone è unico, ma non prendiamoci per il kulo.
E’ vero, come sostengo sempre, che ogni flacone è unico, ma non prendiamoci per il kulo.
Forse
le troppe e belle impressioni, hanno avuto l’effetto boomerang. Magari sarebbe
il caso di prendersela non con coloro che disinformano
– sono uno zero virgola - ma con quelli che, molto abilmente, facendo uso di
termini assai entusiastici e con troppa enfasi, creano aspettative sovente
disattese in vetro.
Viceversa,
inviterei questi signori - anche molte altre figure professionali che si occupano di vino, per la verità - a frequentare, ogni tanto, i reparti enoteca presenti
nella Grande Distribuzione Organizzata e domandarsi come sia possibile trovare
a scaffale – senza voler entrare nelle dinamiche commerciali dei contraenti –
Prosecco a 2/3 euri, Barolo a 7/8, Barbaresco a poco più di 5, Cabernet
Sauvignon australiani appena sopra i 2, Moscato a 1,99, Franciacorta sotto gli
8, giusto per citarne non pochi.
Mio
malgrado, sono prodotti che mi è già successo (e mi ricapiterà), in più occasioni,
di dover assaggiare per garbo – a berli non ce l’ho fatta – e, finora, astenendomi
dallo scriverne.
Senz’altro
dietro questi vini (?) saranno in molti che ci hanno messo le
mani. Ne vogliamo parlare? Di enologi, di enotecnici, di commissioni, di D.o.c. e D.o.g.c., di Enti di controllo etc.? Ecco perchè sostengo si scriva troppo di vini buoni
e troppo poco di quelli di scarsa qualità, per non dire infima.
Forse
noi bloggers dovremmo cominciare a
fare servizio pubblico, vale a dire andare
in gdo, comprare, di quando in quando, una bottiglia da due euri, o giù di lì, e
poi scriverne… non prima di aver avvisato il nostro legale (le ultime sentenze
sono illuminanti).
Ma perché essere masochisti anche nel gusto e nel portafoglio?
Ma perché essere masochisti anche nel gusto e nel portafoglio?
Nel
momento in cui si arriverà a scrivere, in tutta libertà e con continuità, di quei vini a quei prezzi, forse qualcuno inizierà a preoccuparsi
non tanto e non solo della (dis)informazione, quanto piuttosto di garantire un
minimo sindacale di qualità a tutti quei prodotti.
Chissà,
forse, magari, può darsi.
(immagini tratte dalla rete)
Spirito ;-) libero
RispondiEliminaM 50&50
Free Spirit(s), of course.
RispondiEliminaAnche Liquid Spirit di Gregory Porter non male.
ID
Si scoprono cose...
RispondiEliminaI clap my hands too
M 50&50
Never trust of a deejay
RispondiEliminaID