E’
tanto che non scrivo dei vini di Perrino, ancorché questi - Rossese e Vermentino
- frequentino, con costanza e assiduità, la mia tavola e questo è ciò conta.
Oggi è la volta del suo Vermentino, già con qualche giovedì sulla gobba.
Brilla,
nel calice, un oro d’antan e ti lusinga, ti tenta.
Al
naso è la trasposizione dell’ambiente, del clima, dell’uomo – i cugini lo
chiamano terroir. Molta vegetazione –
erbe officinali, macchia mediterranea, aghi di pino, resina, bacche di ginepro
– intervallata da impetuose ondate marine che, una volta ritiratesi, lasciano
le narici libere di respirare iodio e di valersi della sapidità della roccia
bagnata.
L’assaggio
è fresco e salato. Il sorso, rispetto al ritratto olfattivo, perde, e di molto,
la fisionomia vegetale, per concentrarsi su quella marina, fatta di salsedine,
di alga, di iodio. Svetta per acidità, non scalfita, minimamente, da tanti anni
di vetro, i quali gli hanno giovato, conferendogli struttura, senza tuttavia incrinare
la disinvoltura di beva.
Bocca
ampia e di solida persistenza, tutta fondata su minerali e salmastri fondali
marini.
Sgrassante
e appagante con spaghetti Felicetti, acciughe e pomodori datterini.
Ho
raccontato di un Rossese di Dolceacqua di Perrino qui:
Non devo più nemmeno chiedere, l'abbinamento in punta di forchetta arriva prima del Lucano...
RispondiEliminaMonograno Felicetti, grande pasta.
Buona notte
M 50&50
Beh, quando mi ricordo, anche se talvolta si scivola e si va lunghi per mancanza di...grip, ossia di solidi.
EliminaCiao buona giornata
ID