Ho scritto, non molto tempo, fa di un macerato
che non mi aveva convinto.
Resettate tutto e voltate pagina, qui è altra storia.
Vendemmia un po’ tardiva e lunga macerazione
per un calice aranciato carico e intenso.
Al naso è freschissimo e con un forte incipit minerale, su cui si sviluppa una valanga di frutta gialla, anche tropicale – albicocca
disidratata sugli scudi, nettarina e agrumi confit,
fichi e datteri – una punta di miele, qualche erba essiccata di campo e una pulita
nota ammandorlata.
Il palato, impressionante per freschezza e allineato
in tutto e per tutto – come da ordini di Fulvio! – amplifica l’espressione
olfattiva, con l’ampia connotazione fruttata – anche qui moltissima albicocca,
datteri e cedro candito – che si divide il proscenio, senza pasticci, con convincenti
e forti tinte di sapida mineralità.
Bottiglia equilibratissima, con la lunga
macerazione che non ha affatto intaccato l’acidità e la verticalità dell’assaggio.
Una piacevole verve tannica, ha
contribuito a slanciare un sorso – pieno, asciutto e di fluida beva - che si è
rivelato lungo, parecchio persistente e ha chiuso con netti rimandi di mandorla,
dattero e sigaro.
Tranquilli, non ho fumato e non sto ridendo, in tavola solamente
un assortimento di formaggi, a pasta dura, stagionati.
Un vino non facile e non per tutti, di
carattere, con le palle, che non le manda a dire, come è nello stile del suo
papà vignaiolo.
Per me un altro viaggio, appagante e
indimenticabile, nell’enomondo di Fulvio.
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