Maison che non necessita di
intro, una delle poche la cui proprietà è tuttora nelle mani degli eredi del
fondatore, al secolo Pol Roger, che nel 1849, appena diciottenne, la creò come maison de negoce.
La versione BdB – que du Chardonnay – vede la luce dopo otto 8 anni sur lattes, con le uve provenienti da
soli villaggi Grand Cru: Oger, Cramant, Avize, Oiry e Le Mesnil.
La mia cazzeggia in cantina da cinque anni.
Compiace l'occhio un giallo carico e,
soprattutto, un perlage sottilissimo
e tenace.
Averla aperta con oltre un’ora d’anticipo –
come faccio di solito con questi calibri - non è stato molto d’aiuto al naso.
Fresco sì, non ossidato, tuttavia contratto e intorpidito quanto ad aromi, con
ricercate – da parte mia – note di fiori bianchi, un agrume sbiadito, pera matura
e una vena gessosa gracile.
All’assaggio fa progressi, senza comunque dannarsi
l’anima. Gran finezza di bolla, per un sorso elegante e verticale, mai stanco,
che colloca, all’interno di una tessitura sapido-minerale, note evolute di cedro,
limone e albicocca, chiudendo su varianti burrose e di nocciola tostata. Non
troppo munifico quanto a complessità e persistenza.
Le attese erano un filo diverse, ancorchè
finora le mie bevute targate 1999, a dispetto dei tanti peana sul millesimo,
non mi abbiano convinto del tutto.
Non è per fare il bastian contrario, ma ti confesso che il ‘99 - non così bello, omogeneo e lineare come lo hanno venduto - presenta non poche differenze, da zona a zona, da produttore a produttore, ma qui andrei oltre il post.
Non è per fare il bastian contrario, ma ti confesso che il ‘99 - non così bello, omogeneo e lineare come lo hanno venduto - presenta non poche differenze, da zona a zona, da produttore a produttore, ma qui andrei oltre il post.
La chiudo qua, già sai che sto dalla parte di
chi crede più alle grandi bottiglie che non alle grandi annate.
Ma era il mio falcone, mon Dieu, chissà che il tuo non sia migliore.
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