La GA costituisce, con l’omonima sorella rosé, affiancatasi in un secondo
tempo, una delle due cuvée de prestige
della famosissima maison di
Aÿ.
La versione in bianco, nasce da un
assemblaggio di 63 Pinot Nero e 37 Chardonnay, frutto di un blend di 16 cru - 76% GC e il restante PC - fermentazione in legno, malò sempre svolta, bouchon liège e almeno 5 anni sui
lieviti, con remuage manuale.
La mia
boccia, ne sconta quasi 9, di anni sur
lattes, vista la sboccatura del gennaio 2010.
Le iniziali sensazioni olfattive, sono largamente
improntate all’insegna della maturità, a partire dal frutto - tanto agrume e
mela cotogna - con note di burro, miele e cacao, intense tostature, con mineralità un
filo umbratile.
Lo scorrere del tempo aiuta e “allarga” il
naso, procurando giovamento anche al palato. Perlage finissimo, impatto in
bocca cremoso e di discreta freschezza. Sì, solo discreta. Assisto al ritorno delle
connotazioni mature, con l’acidità lievemente accomodante, la quale, non mantiene
costantemente barra alta e concentrata, finendo per togliere ai sorsi quella
tensione e quello slancio - in fin dei conti, si danno quasi per scontati – che
creano il cosiddetto “cambio di passo”.
Chiude persistente, con richiami di frutta
secca, zenzero e biscotto.
Le aspettative per queste cuvée sono sempre elevate, tuttavia,
ancorchè si tratti di un millesimo in chiaroscuro – non propriamente una grande annata – attendersi qualcosina in
più è plausibile.
Effervescenze francesi guidino il nostro 2017. Quelle
nobili, ça va sans dire.
Ad maiora.
Ad maiora.
Nessun commento:
Posta un commento