Questa esce direttamente dalla cantina di monsieur Fleury, dunque, quantomeno, vi
assicuro il conta chilometri possegga ancora il piombino. E’ stato proprio
Jean-Pierre in persona a convincermi della assoluta bontà di questo millesimo,
che, in questo momento, sta regalando soddisfazioni e performances da fuoriclasse.
Si tratta di un assemblato - 80 Pinot Nero
e 20 Chardonnay - che non fece, a suo tempo, la malolattica. Passati quasi 20
anni è troppo facile, ora, sostenere che mai scelta fu più premiante. Che
boccia!
Il tappo che ha lavorato e retto benissimo,
costituisce indizio inequivocabile circa l’assoluta qualità della “roba”.
Oro, neanche troppo intenso, alcuna deriva
ossidativa e bulles très très très fini,
incessanti, inarrestabili.
Quello che è stupefacente, è la freschezza étonnante – anche, ma non solo, in virtù
della malò non svolta - che emana il
liquido sia al naso, sia al palato, soprattutto al palato. Un vino giovanissimo
e appuntito, mineralissimo, con qualche fiore bianco e molti agrumi, un tocco
di miele d’acacia, una bella cifra di champignons
e ostriche, con una quota da vertigini di rasoiate impressionanti.
Il resto sono e m o z i o n i – non
trasferibili - che ognuno capta e vive motu
proprio, suscettibili di infinite variabili – con chi, dove, come, quando,
quanto, etc.
Chapeau-bas, Jean-Pierre.
Non privatevene. Almeno una.
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