venerdì 18 novembre 2016

Piper-Heidsieck Champagne Vintage Brut 2006




Dopo aver assaggiato, più volte, questa boccia, in giro per degustazioni – Parigi e Alassio - e averla trovata sempre mai meno che buona – fatte le giuste proporzioni, va senza dire – ho deciso di tastarne una a casa, in santa pace.
L’atout per comprarla, mi è venuto, non tanto dalla rivista americana Decanter, la quale, lo scorso anno, la inserì tra i 35 migliori vini del mondo - peraltro l’unico champagne (sic!) – quanto piuttosto l’averla trovata, in un iper francese, quasi alla metà del suo solito prezzo.
Pecunia non olet, mai.

Sei anni sur lattes, in percentuali quasi salomoniche tra Chardonnay (51) e Pinot Nero (49), è frutto di un blend di uve di 17 villaggi, di cui dieci provenienza Gc e sette Pc.

Fine l’effervescenza, con un naso che si sviluppa tra elementi floreali, fruttati – pompelmo e arancio, albicocca e mango – con corollario di sentori di lievito, frutta secca e flebile mineralità. Ma c’è un ma: legno che pesa e ha influente voce in capitolo.

Il palato, di vivace acidità, insiste sulla falsariga olfattiva, rincarando la dose della falegnameria, la quale, col tempo, diventa pressochè egemone, con gli altri aromi poco o punto pervenuti. Chissà che qualche annetto non gli conferisca maggiore carattere e maturità, levigando un filo le tante asperità legnose.

Pur con qualche attenuante sul millesimo, non facile, attendo che Régis Camus, lo Chef de cave, mi stupisca anche con i millesimati della casa, così come gli è riuscito con la cuvée de prestige. Per ora, il dislivello da questo vintage, al Rare, resta importante.




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