martedì 31 dicembre 2013

Igt Toscana Montevertine 2005 Azienda Agricola Montevertine





Difficile esercizio aggiungere ancora qualcosa su Montevertine, e sui suoi vini, che non sia già stato ampiamente raccontato, scandagliato, vivisezionato. Mi arrendo e passo al nettare.
Nel bicchiere un granato scarico, “borgognone”, profumatissimo. Sfilano delicatamente e precisamente, su un tappeto di sottobosco, l’amarena, l’arancia rossa, il ribes, la rosa, l’alloro, il ferro, il tabacco, il cuoio, il pepe…

Questa splendida espressività la ritrovo, completamente, in bocca. Entra freschissimo, succoso, goloso. La sua struttura è una raffinata silhouette, che indossa, per l’occasione, l’abito da sera. La sua freschezza richiama continuamente la beva, la cui trama tannica è puntualmente integrata. Molto lungo e molto, molto persistente, lascia un palato sapido, di spezie dolci e ferruginoso. Boccia in forma strepitosa, ora.
L’accoppiata con tagliata è stata la morte sua, o se preferite, di entrambi.

Quando una boccia è così appagante, ti chiedi – giusto per cazzeggio - che plusvalore gli conferirebbe mai una valutazione in punti. Alcun punteggio esprimerebbe, in modo appropriato, la gioia di questi sorsi.

Ogni tanto l’eleganza passa anche su Vinondo, a prezzi accessibilissimi, ed è un privilegio raccontarla e condividerla.
Martino, so che per te l’eleganza è di casa. Ri-chapeau.



Auguro, a voi tutti, un sereno, gioioso e vinoso 2014. Prosit.


Ho scritto di altri vini di Montevertine a questi indirizzi:



 






 

sabato 28 dicembre 2013

Aoc Crozes-Hermitage Rouge 2007 Guigal






Rodano settentrionale per questo Syrah 100%, proveniente dall’azienda, senza dubbio, la più grande e conosciuta di quest’area. Per le mie passate esperienze, non stravedo per questo vitigno.

Nel bicchiere un profondo, inaccessibile, rosso scuro. Naso esitante e ondivago, che si svolge su note fruttate – mora, fragola, ribes nero e ciliegia - un tocco di cuoio, leggermente speziato, un filo di pasta di olive. Il tutto avviluppato in tanta, ma tanta, troppa vaniglia. Mi viene da pensare a un vino costruito.

In bocca faccio difficoltà a metterlo a fuoco per via della vaniglia. L’aspetto boisè si accaparra il palcoscenico, lasciando agli altri attori ben poco spazio, se non per quel poco di frutta. Tannini morbidi e poca freschezza, acidità molliccia e beva greve. Mi allarmo quando, a fine pasto, in tre, la boccia non è terminata. Continuo a pensare a un vino costruito e, relativamente a questo flacone, non ben riuscito.





mercoledì 25 dicembre 2013

Aoc Champagne Brut Assemblage 1996 Bruno Paillard





Per me, quando si tratta di festa, qualora a qualcuno fosse sfuggito, vi è un solo vino degno di incarnare e di esprimere, al meglio, tale concetto. Oggi è festa, ergo Champagne.

Lo trovai - e lo comprai - due anni fa. Vagava, solitario e randagio, su uno scaffale, quasi deserto e pure ben illuminato, di un iper del centro Italia. Lì per lì, esitai un attimo, poi capitolai, anche in virtù di un prezzo parecchio invitante. Ricordo come il millesimo in questione si sia rivelato storico per la Champagne, forse più in bottiglia, che non come andamento stagionale, secondo quanto asserito da molti produttori.

Solo la prima pressatura per questo assemblage – sboccatura aprile 2007, undici anni sui lieviti - composto da 52 parti di Chardonnay e 48 di Pinot Noir.
Nel bicchiere un dorato luminosissimo, dal perlage molto sottile. Libero il collo, giusto per ossigenare, e resto travolto dalla freschezza. Agrumi canditi – cedro e mandarino – poi camomilla, fieno, miele e mandorle tostate. Lascio passare mezz’oretta e il naso è diventato più generoso, più ampio e cesellato. Adesso si mostrano caffè e tabacco, foglie bagnate, champignons, humus, iodio, gesso ed energica mineralità.

L’attacco in bocca è cremoso e suadente, la bollicina delicatissima e riscontro esatta simmetria con il quadro olfattivo. Sottolineo come, nonostante la sua maturità, l’acidità costituisca, ancora, parte viva e integrante del sorso. La spalla, in gran forma, del Pinot Nero, proietta in orbita una progressione gustativa gia convincente di suo. Mentre lo gusto, lentamente emergono, affilati tocchi gessosi e salmastri, uniti a vigorosa sapidità. Termina, ahimè, la bottiglia, ma tiene botta, eccome, la persistenza. La bocca, infatti, è uno scrigno che custodisce, per lunghissimo tempo, i segni di una tenacia gustativa, difficile da eguagliare, infiammata da tensione minerale, rincorsa da agrumi canditi, fichi sciroppati, caffè e spezie. Champagne (anche) da meditazione.

Si trova ancora qualche flacone in giro. Se vi capita, e se l’ampiezza della vostra tasca lo approva, approfittatene.

A tutti voi, lettrici e lettori, il mio più caro augurio di Buon Natale. Prosit.


domenica 22 dicembre 2013

VdP des Coteaux Charitois Pinot Noir 2008 Les Pénitents





A poco più di 30 km dal suo domaine a Sancerre, Alphonse Mellot, prova qui a rivitalizzare un vigneto dimenticato, coltivandovi Chardonnay e questo Pinot Nero. Si tratta di vigne che hanno un’età compresa tra 12 e 16 anni, con il vino che rimane sur lie per una decina di mesi.

Agli occhi è rosso rubino brillante. Il naso è fresco, semplice e, in verità, poco espressivo. E’ segnato da fruttini di bosco – mora e ribes nero - ma pinotnereggia pochino, con la speziatura quasi assente.

La bocca, poco ampia, riprende, grosso modo, il carattere olfattivo, decisamente ad appannaggio della parte fruttata - comunque troppo semplice – con il tenore alcolico che, ad intermittenza, va un tantino fuori scala. Speziatura e mineralità, praticamente, non pervenute. Gli manca corpo ed equilibrio.

Un po’ troppo semplice – ho forse abusato dell’uso di questo articolo - e con qualche penitenza di troppo, questa bottiglia.


venerdì 20 dicembre 2013

Metodo Classico vs. Champagne, una perenne e idiota dicotomia.





Puntualmente e immancabilmente, come i mandarini a Natale, in prossimità delle feste, se ne esce qualcuno – in realtà più d’uno - attraverso web, social, carta stampata e media tout court, a rinfocolare l’eterna, futile, sterile e sciocca diatriba tra Champagne e spumanti italiani, specificatamente metodo classico.

Oceani di parole, paralleli risibili, improponibili, improduttivi. E idioti.
Tutto per cosa?
Per dirci, in primis, che bisogna stare attenti a quale Champagne si compra, altrimenti è più saggio e vantaggioso rimanere in territorio italico. E giù una lenzuolata di elucubrazioni, di distinguo e di precisazioni stravaganti e strampalate.

Per ricordarci, in aggiunta, che gli Champagne presenti nella gdo sono inferiori ai nostri prodotti, dal momento che a costoro riesce l‘impresa, stupefacente, di accostare una cuvée "de noantri", il più delle volte di alta gamma – a lorsignori piace vincere facile - con uno Champagne di fascia basica.

Oppure, più pedestremente, ma verosimilmente, per far passare il messaggio, artato e surrettizio, che, anche noi italiani, quanto a bollicine, teniamo una minkia tanta.
Perdonate l'ispirato francesismo, manca poco al Natale.


giovedì 19 dicembre 2013

Aoc Champagne Œnophile Extra Brut 2005 Pierre Gimonnet & Fils





Cuis, Côte des Blancs, esclusivamente Chardonnay, per questa azienda che coltiva 28 ettari e supera, di poco, le 200 mila bottiglie. Questo millesimato proviene da vigneti, classificati 1er cru, dei villaggi di Cuis e Vertus.

Paglierino con riflessi verdi, bella effervescenza e abbastanza fine. Al naso c’è l’eleganza, inconfondibile, della bacca bianca, che seduce con agrumi - limone e pompelmo - fiori bianchi, un tocco vegetale e mineralità gessosa a nastro.

La bocca, caratterizzata da sostanziale sintonia con il ventaglio olfattivo e da carbonica leggermente increspata, ripropone la freschezza floreale e agrumata – anche troppo limone - cui si mescola una mineralità assai dritta, che, con lo scorrere, agile, del sorso, diventa quasi totalizzante. Intercorre buon equilibrio tra acidità e struttura, ancorchè mi sarei atteso maggior allungo e persistenza più significativa.



Ho raccontato di un altro champagne blanc de blancs a questo indirizzo:



lunedì 16 dicembre 2013

Aoc Champagne Esprit Brut s.a. Henri Giraud






Claude Giraud rappresenta la dodicesima generazione di questa maison, che è stata fondata agli inizi del ventesimo secolo da Lèon. Ci troviamo ad Ay, un villaggio della Vallata della Marna, dove il Pinot Nero è nettamente prevalente. Infatti, questo brut vede la bacca nera imporsi per il settanta per cento, con lo Chardonnay a integrare, in una misura di tutto rispetto.

La veste è giallo paglierino brillante con riflessi dorati ed una abbondante effervescenza.
Il naso si apre su aromi di frutta gialla – albicocca e pesca – che lasciano spazio, in seguito, ad ampie sensazioni agrumate e speziate. Tocchi di crema pasticcera e striature minerali, rifiniscono il quadro olfattivo.

Al palato entra fresco e cremoso, con evidenti richiami alla parte fruttata. La struttura del PN si percepisce tutta, con il sorso che cede qualcosa sul versante della verticalità, causa un dosaggio che risultando, per i miei gusti, un tantino sopra le righe, sfoca la vena minerale. La beva, tuttavia, scorre e termina, mediamente persistente, su note di mandorla e biscotto.


venerdì 13 dicembre 2013

Caffè La Crepa @ Isola Dovarese (Cr)





Venti minuti d’auto da Cremona, immerso nella pianura padana, inserito nella austera, ma splendida, piazza Matteotti, all’interno del Palazzo della Guardia del XV° secolo. Da tre generazioni, questo è il locale della famiglia Malinverno: Franco ai fornelli, Fausto in sala.








Una ristorazione, principalmente, di territorio, che si fonda sulle ricette e sui prodotti figli di queste zolle. Carni, ma anche pesci di acqua dolce – siamo vicini al Po e all’Oglio - senza tralasciare le paste fatte in casa e le zuppe.








Usciamo dalla regione, ma solo per il vino. Da uve Albanello e Moscato, il bianco di Arianna Occhipinti.









Zuppa di cotiche con fagioli precolombiani "dell’occhio" bio, provenienti dall'orto della vicina. Sublime.





Spalla cotta tiepida di S.Lorenzo tagliata a coltello, olio di prezzemolo, giardiniera e fichi bio.
The best spalla cotta ever.
 




Marubini ai tre brodi: di carne, di pollo e salame fresco.
Pasta, ripieno e cottura impeccabili.
 
 



Fritto di pesce d'acqua dolce. Impanato fresco, abbattuto e fritto freddo.
Leggerissimo e croccante.

 




Una cucina che mette al primo posto la ricerca instancabile della migliore materia prima, sublimata dalla mano precisa, attenta e rigorosa di Franco e una, non comune, cura dei dettagli. Cotture precise, gusti integri ed equilibrati. Prezzi assolutamente contenuti, comunque ampiamente giustificati dall’alta qualità.
La carta dei vini annovera, quasi esclusivamente, etichette di produttori che – mi piace considerarli così – hanno cura e rispetto per il territorio e cercano di esprimerlo al meglio. Anche qui ricarichi onesti.
In sala il personale - preparato e discreto – ti fa sentire a casa.

La Crepa è fatta di tutti questi ingredienti. Una sosta che vale il viaggio, non solo la deviazione.







Ps: dolci e gelati, della cui qualità non temo, li rinvio alla prossima. Ora, obtorto collo, si risale in auto.




martedì 10 dicembre 2013

Igp Venezia Giulia Pinot Nero 2006 Bressan






Noncurante che, sul web, si continui a (s)parlare troppo di Bressan uomo e sempre troppo poco dei suoi vini, io vado di cavatappi, chè qui, su Vinondo, si beve e basta.

Fulvio, il “carrarmato” del nord-est, lo definisce "gioiello". Io, se non tasto, non credo, per principio.

Nel calice un bel rosso rubino acceso, vivo, intenso.
C’è tanta roba qui, a partire dal bouquet, molto elegante, che si annuncia con iniziali note di pepe bianco, incastonate in un quadro molto avviato verso l’aspetto fruttato, composto da lampone, mora, mirtillo e amarena. Sullo sfondo note ferrose, di sottobosco, di fumè e un’idea di vaniglia.

Una bocca molto fresca e asciutta, ricalca, in modo franco e puntuale, le impressioni olfattive. Dapprima il sorso è assai incardinato sulla parte fruttata – e meno male, guai se fosse altrimenti, è giovanissimo – e dotato di una trama tannica che cattura per finezza.

Nella seconda metà, il mio flacone, grazie ad una capacità di “respiro” maggiore, cambia decisamente registro e la beva trae slancio veemente da un’acidità impeccabile, unita a una vena minerale ben marcata. Tutto si muove all’interno di un equilibrio avvolgente, da manuale, al punto che non mi accorgo che non sto più semplicemente bevendo, ma tracannando. Il palato si dimostra ricercato e leggiadro per tutta la durata - ahimè troppo breve - della boccia. Un finale di ragguardevole e progressiva persistenza, affresca le mie papille di tocchi ferrosi, balsamici e leggermente speziati.
Un gioiello – aveva ragione il Fulvio - che in vetro non potrà che abbellirsi e migliorarsi ancora.

Bicchiere di spessore stilistico rilevante, che contiene, non solamente, la tua impronta e il tuo carattere, Fulvio, ma anche, concedimelo, l’eleganza di Jelena.




Ho raccontato un altro vino di Bressan, il Carat, a questo indirizzo:

sabato 7 dicembre 2013

Igt Sicilia Catarratto 2008 Porta Del Vento





Molteplici sono le porte – a forma di bottiglia, ovvio - per entrare nell’eno-orbita di Marco Sferlazzo. Non molto tempo fa ho scritto del suo modus operandi e, nello specifico, del suo Nero d’Avola.
Oggi tocca ad un bianco, il Catarratto in declinazione secca, uno tra i più antichi vitigni autoctoni siculi.

Non è casuale questa scelta, in quanto è il vino con il quale Marco si presenta, e stringendoti la mano, te lo versa nel calice per iniziarti ai frutti delle sue fatiche. Solitamente questi prodotti vengono definiti (im)propriamente base, fascia di ingresso, entry level…Io, bastian contrario, ricorro ad altra definizione: vino “biglietto da visita”. Nel bene e nel male.

Qualche anno di vetro ti lascia nel bicchiere un liquido oro intenso, con riflessi ambrati. Personalità e precisione fin dal naso. Ci sono i profumi, netti, della Sicilia: agrumi – cedro e mandarino – albicocca, fichi, un tocco floreale e di erbe aromatiche e tantissima mineralità iodata.

Al palato è asciuttissimo e verticale, con a tratti una, quasi impercettibile, carbonica. Per il resto, riprende, specularmente, le impressioni olfattive. Vibra di acidità e freschezza con gli agrumi che, con il passare del tempo – poco, in verità, perché la boccia è finita in un amen – vengono sopraffatti dalla forte connotazione minerale e salmastra che ha assunto il sorso. Di persistenza memorabile, chiude lungo, lasciandomi una bocca più salina che sapida e un'affilata scia idrocarburica.

Dedicato a coloro i quali sostengono che i vini con poca o zero solforosa non durano e sono imbevibili.

Appuntatevi questo biglietto da visita. Schietto, immediato e di carattere, come Marco.



mercoledì 4 dicembre 2013

Doc Barolo riserva 1962 Marchese Villadoria






Quando il vino dei re e il re dei vini era solo a denominazione controllata, ma non ancora garantita – lo diverrà nel 1981 – quando i flaconi contenevano solo 72 cl., anziché 75, quando io gattonavo, quando…

Un amico ha voluto condividere questo reperto archeologico che, a sua insaputa, si è ritrovato in cantina. Ammetto che la curiosità – tanta - era inversamente proporzionale alle aspettative – pochissime - soprattutto quando durante l’apertura, il tappo, totalmente imbevuto, si è spezzato, con una metà precipitata nel liquido.

Eppure, nonostante le numerose primavere, il colore non è così tanto, troppo ossidato. Presenta ancora un bel granato, vivido e limpido. Al naso, all’inizio, sa di muffa e di chiuso. Passa un’oretta ed il patrimonio olfattivo - quel che è rimasto – è completamente spostato su aromi terziari, per la verità molto tenui. Scorgo un po’ di fiori secchi, molta terra e mi colpisce una netta nota speziata, mescolata ad una mineralità assai salina. Tutto qui.

E’ al palato che il meglio, l’aveva (l’avrebbe?), forse, riservato molti anni prima. Qui l’ossidazione è netta ed inequivocabile e dopo una mezz’ora, anche l’olfatto, ne fa le spese, irreversibilmente.

Ad ogni modo, un’esperienza gustativa interessante, la cui morale, potrebbe riassumersi in: “…ogni tanto, facciamo un giretto in cantina e ‘ste bottiglie apriamole, qualche annetto prima, vero Paolo?”.





domenica 1 dicembre 2013

Aoc Champagne Tradition Brut s.a. Alain Vesselle





Vesselle è una famiglia di propriétaire récoltant, dal 1885, a Bouzy, uno dei 17 villaggi classificati grand cru, a fortissima vocazione Pinot Nero, nel cuore della Montagna di Reims, versante sud.

Questo, che è il prodotto di ingresso, è quasi un Pinot Noir in purezza, con lo Chardonnay che salda nella misura del sette per cento.
Nel bicchiere un dorato luminoso, con bollicina abbastanza fine e discreta. L’olfatto è molto orientato su toni scuri e la parte fruttata, da cui emergono piccoli frutti di bosco e agrumi, nettamente prevalente su quella floreale. Non da meno la mineralità, che assume dei tratti ferrosi e si integra con note salmastre.

L’assaggio conferma l’espressione aromatica, con l’intenso timbro fruttato percorso da una bella cifra di freschezza e da una valida spinta minerale. La struttura della bacca nera, senza risultare mai troppo imponente, ben si inserisce all’interno di un sorso equilibrato e corredato da piacevolezza di beva e da un finale lungo e generoso. Tutto è al posto giusto, forse anche di più, rispetto a ciò che, abitualmente, ci si attende da uno champagne etichettato da aperitivo.
Non conosco gli altri prodotti aziendali, ma se il buongiorno si vede dal mattino…