martedì 30 aprile 2013

Igt Veneto Sassaia 2007 La Biancara Angiolino Maule






Forse il vino più conosciuto di Angiolino. Questo é composto per l’85 per cento da Garganega, uva bianca autoctona veneta, ed un saldo di Trebbiano. I vigneti si trovano a Gambellara, su antiche colline di origine vulcanica nei Monti Lessini tra le province di Vicenza e Verona. Il Sassaia fermenta spontaneamente, senza ricorso a lieviti selezionati ed effettua una macerazione di pochi giorni; bandite la chiarifica e la filtrazione.

Nel bicchiere un luminoso giallo dorato molto denso ed abbastanza torbido, con una piccola effervescenza che si annuncia. Al naso sentori sulfurei molto pronunciati e poco altro. Gli consento di respirare e di distendersi, è troppo chiuso. Dopo una mezz’ora i toni di zolfo persistono, tuttavia lasciano filtrare note erbacee, fieno in primis ed erbe officinali. Poi il calice si apre e libera pietra focaia, sassi, gesso. Sale, autorevole, una nota di resina, affiancata da zenzero ed eucalipto.

L’ingresso in bocca é caratterizzato dalla presenza, non fastidiosa, di una leggera carbonica che accompagnerà la bevuta. Il palato é connotato da netti e puliti sapori balsamici, iodati e salmastri con la resina molto esuberante. Il sorso é ampio e salato, con la parte minerale in gran risalto. Fine é la tessitura tannica. Grande equilibrio con acidità sostenuta. Chiusura lunga ed appagante, su note balsamiche e resinose. Vino complesso ma dotato di una beva scorrevole e pericolosissima.

Il classico vino “imperfetto” – talvolta con difformità da bottiglia a bottiglia – che sa sedurre ed ammaliare ma, riconosco, può anche dividere e provocare opinioni antitetiche. In ogni caso l’esatto opposto del vino fotocopia, un vino vero, di carattere, figlio della passione e del suo territorio. Come Angiolino. A prescindere dal prezzo – sette euri in cantina - uno dei miei vini del cuore.






giovedì 25 aprile 2013

Ristorante Consorzio @ Torino





A pochi passi dalla centralissima Piazza Castello raggiungo Via Monte di Pietà al 23 e guadagno, fiero, l’ingresso. L’impostazione ricorda, tanto per dare l’idea, quella del bistrot francese – non quello sul cui cavallo modaiolo, snob e fighetto sono saliti in molti. Mi riferisco a quello che funziona bene, con proposte intelligenti e diversificate tra pranzo e cena. In più c'é un aspetto che desidero sottolineare, vale a dire la ricerca accurata, seria e instancabile della materia prima.

A pranzo, essendo la zona frequentata da colletti bianchi sono contemplate due opzioni di tutto rispetto. La prima, dieci euri, consiste in primo, calice di vino e caffè; mentre con la seconda, 14 euri, avrete il secondo, calice di vino e caffè. Disponendo di più tempo, potrete orientarvi sul menù a trenta eurini – riproposto anche la sera - che comprende due antipasti, primo, secondo e dolce - oppure scegliendo da un'ampia carta. Carta che ti parla di radici ben ancorate in Piemonte, la quale, tuttavia, si concede licenza di giocare in trasferta in molte regioni italiche. Tutte le produzioni - eccetto un paio - sono marchiate “Presidio Slow Food” ed una pagina dedicata elenca i fornitori di cotanta materia prima.

Io ho scelto tre piatti dalla carta e precisamente:


Agnolotti gobbi ai tre arrosti


Già belli a vedersi, sublimi in bocca con tutte le cose al loro posto: pasta ottima, ripieno gustoso e non salato, cottura esemplare.



Brasato di fassone al Ruché con verdure di stagione

Vi presento il mio compagno di viaggio, una delle tante scoperte fatte a Viniveri:


Barbaresco Roccalini 2009 Cascina Roccalini
Bellissimi frutti rossi, ciliegia, pepe, tabacco, tannini vividi. Vero vin de soif.






Chiudo con il dolce:

Tarte tatin e gelato fiordilatte


con questo riuscitissimo abbinamento:


Sol 2008 Cerruti

Che moscato passito! Frutta secca, fichi, albicocche, idrocarburi, minerale con finale secchissimo che non ti aspetti.


Della qualità del cibo vi ho detto, resta da elogiare la mano sicura, solida e convincente del cuoco, senza la minima sbavatura. Circa la carta dei vini - ragionata, serissima, frutto di ricerca ed evoluzione continua - sarebbe il caso di aprire un post a parte. Una menzione speciale la riservo all'elenco dei vini al bicchiere, in rotazione giornaliera. Grande scelta, prezzi onesti e per tutte le tasche. Servizio in sala piacevole, preciso, discreto ed allo stesso tempo amichevole.



Vini al bicchiere

Per tutto il resto vi rimando al loro sito che é specchio, fedelissimo, di ciò che troverete in tavola e di quanto spenderete.

Chicca finale, dopo addizione onestissima, alzo lo sguardo e noto, incorniciato ed autografato, un reperto quasi archeologico, che mi fa vibrare il cuore. Ma questo tocca la sfera dei miei affetti - sempre collocati su un piano altissimo, distinto e separato - che a voi nulla importa e che, soprattutto, non condizionerà mai e poi mai le mie valutazioni di persona libera ed indipendente.
Era la mia prima volta al Consorzio. Ci ritornerò, la sera, con più calma. Bravi ragazzi, mi siete tanto piaciuti.






sabato 20 aprile 2013

Doc Langhe Bianco Riesling "Hérzu" 2009 Ettore Germano







L’azienda Germano, “barolista” in quel di Serralunga d’Alba, si diletta – si fa per dire, qua é dura davvero - a coltivare questo Riesling Renano nei pressi di Cigliè. Il vigneto si trova nell’Alta Langa del Dolcetto, su di una collina posta a 550 metri, su terreni pietrosi, praticamente a strapiombo sul fiume Tanaro.
Questa vera e propria sfida - di questo si tratta - ebbe inizio nel 1995 con la messa a dimora delle prime barbatelle, cui seguirono altri impianti nel ’98 e nel 2004; a tutt’oggi parliamo di due ettari circa di vigna che determinano pressappoco tredicimila bottiglie.

A questo progetto Sergio ha creduto molto, fin da subito. A lui, infatti, va ascritto il merito e la capacità di aver saputo individuare e riconoscere in quelle scarpate ed in quei pendii ripidissimi – herzu in dialetto locale – condizioni ottimali per “allevare” questo vitigno a bacca bianca. Egli ha accordato piena fiducia al peculiare microclima di queste colline, caratterizzato da forti escursioni termiche tra la notte ed il giorno, convinto che ciò gli avrebbe consentito di accrescere, di molto, la complessità olfattiva del vino. Ha visto lungo ed i risultati gli stanno dando ragione.

Nel mio calice c’é un brillante paglierino con riflessi declinati sul verde. Alla prima snasata affiora una nota idrocarburica che richiama il cherosene, seguita da cera che poco dopo si dilegua. La seconda roteazione esprime la parte fruttata: sentori delicati di mela, limone e pompelmo, cui seguono cenni vegetali di menta e salvia. Il tutto avvolto nel pregevole e marcato abbraccio della mineralità.

L’attacco in bocca ha un'iniziale nota dolce che sfuma su sapori di agrumi, di albicocca e pesca, con le note vegetali a confermare il quadro olfattivo. Il sorso, vitale e di buona struttura, cede il proscenio alla sottile ma rilevante vena sapido-minerale, dove si riconosce il carattere sassoso e calcareo del sottosuolo.

Nella parte finale, insolitamente, la bottiglia perde un po’ di nerbo e l’acidità, fino a quel momento buona, cede il passo ad un residuo zuccherino che frena lievemente la persistenza. Ciò nonostante, una gradevole bevuta che mi lascia soddisfatto e che mi sento di suggerire.



mercoledì 17 aprile 2013

Brunello di Montalcino Riserva Tenuta Il Greppone Mazzi 1979 Ruffino






Questa è la storia di una bottiglia maltrattata, bistrattata, anzi di più. Lo so per certo in quanto sono io il diretto ed unico responsabile. Maltrattata sotto tutti gli aspetti. Vuoi per le varie posizioni che ha assunto a causa di traslochi – prima coricata poi in piedi e infine ancora coricata - vuoi per le escursioni termiche, da montagne russe, cui è stata sottoposta, nel corso di questi decenni. Va detto, a mia parziale discolpa, che non sono solito trattare così le bottiglie, anzi l’esatto opposto, tuttavia, una tantum, é finita così.

La bottiglia in mio possesso é la numero 20.928 di 25.700 prodotte. Si tratta del primo millesimo di produzione della Tenuta Greppone Mazzi e per soprammercato é riserva, ossia ha sostato un anno in più in botte. L’odissea ebbe inizio nel 1985 allorquando la nostra, in compagnia di altre cinque sorelle, varcò la soglia della mia cantina.

Copro la bottiglia con la calza nera – mise da serata di gala - e procedo all’apertura verso mezzogiorno con la speranza - illusione (?) - di condividerla e goderla - o lavandinarla - con amici a fine cena. Le condizioni del tappo sono assai critiche essendo per oltre un terzo segnato profondamente dalla muffa - il cavatappi é entrato come lama nel burro -, con la zona centrale che non ha retto e si è spezzata, e con la restante parte totalmente imbevuta.

Scolmo con estrema cura e, inaspettatamente, mi trovo nel calice un rosso granato ancora carico, senza cedimenti o derive ossidative. Va da sé che il naso é muto, inespressivo, omertoso. Buon risveglio!
Trascorse circa dodici ore dall’apertura il liquido incontra i calici. Il tempo sembrerebbe trascorso invano, alcun cenno di ripresa. Sembrerebbe. Poi, nel volgere di mezz’ora, ecco la Rinascita, inarrestabile. Si svela a folate, poi lo sviluppo diviene incontenibile e travolgente. Ciò che mi colpisce, rispetto all’apertura, è il cambio di cromia. Ora l’abito è un piacevole rosso rubino luminosissimo e di trasparenza cristallina. Impensabile e incredibile dopo tutto quel tempo.

L’olfatto ti incanta, una tela dipinta di sottobosco, foglie bagnate e cacao, molto cacao. Poi tabacco trinciato, liquirizia, accenni terrosi ed ematici, pepe nero e cuoio, amarena, mora e ciliegia. Sbalorditiva, contestualmente, é la freschezza che inonda e pervade le narici.

L’ingresso in bocca sottolinea la seducente eleganza, l’innata classe del Sangiovese invecchiato magnificamente e porta in dote equilibrio, armonia e complessità sorprendenti. Il sorso è – ancora - succoso ed ammaliante; gli espertoni lo definirebbero “masticabile”. L’aderenza del palato con il profilo olfattivo è – sto esaurendo gli aggettivi – encomiabile, senza la minima sbavatura. Anche al gusto é la freschezza, la verve acida che ti acchiappa, retta da una tannicità aristocratica, che col passare del tempo diventa sempre più penetrante, agguerrita. Una beva prodigiosa e contagiosa perfeziona questa sinfonia. Tenore alcolico splendidamente bilanciato, con chiusura interminabile, sconfinata, su pennellate precise di cacao e spezie dolci.

La boccia coperta ha, ovviamente, scatenato azzardi soprattutto circa l’età anagrafica ma nessuno l’ha battezzata “fine anni ‘70”. Nessuno eccetto Gloria che, con nonchalance, butta lì un: "…1979, il mio anno di nascita”. A quel punto “svesto” la boccia e tutti, Gloria compresa, increduli e sbigottiti.

Chiudo questo lungo post con un paio di considerazioni.
La prima consiste nel rassicurare i miei lettori che le iperboli usate per raccontare questo capolavoro non sono assolutamente sprecate, ma quannocevòcevò. In secondo luogo, alla faccia di tutte ‘ste pippe mentali per la conservazione dei flaconi - io per primo cerco di seguire scrupolosamente e mettere in pratica le indicazioni degli esperti. Sarà stata senz’altro la fortuna e l'eccezione che conferma la regola. Fino a prova contraria.

Si è trattata di una bevuta di cui, ne sono certo, ci ricorderemo per lungo tempo, anche e soprattutto Gloria, ché non capita così frequentemente incrociare una bottiglia del proprio millesimo - a meno di essere nati una manciata di giorni prima – e di trovarla in così splendida forma. All’ultima superstite concedo ancora riposo, la sfida continua. À la prochaine.

sabato 13 aprile 2013

Aoc Champagne Fidèle Extra Brut s.a. Vouette & Sorbée







Il nome della maison deriva proprio dal nome di due – Vouette e Sorbée – delle sei parcelle che Bertrand Gautherot conduce in regime biologico e, dal 1998, biodinamico. Dunque niente filtrazioni, nè collage, uso di  lieviti indigeni e ricorso alla solforosa solo nella vinificazione. Tutto ciò costituisce già una bella carte de visite. Siamo nella Côte des Bar, regno quasi incontrastato del Pinot Noir. Qui il suolo é kimmeridgiano, e per associazione d’idee viene da pensare più a Chablis che non alla Champagne.

La boccia di cui scrivo oggi é Pinot Nero in purezza - Blanc de Noir - ed é stata sboccata il 21 ottobre 2011. Il vestito é oro luminoso e la spuma é generosa con la catenella delle bulles fine e continua.

Il quadro olfattivo risulta ampio, sfaccettato, con rimandi ai frutti rossi ed una mineralità che, fin da subito é tanto impressionante quanto monopolizzante. Vi scorgo ancora note burrose e speziate con punteggiature salmastre.

L’impatto in bocca é tagliente – una rasoiata – e caratterizzato da mineralità gessosa, avvolgente e penetrante, che non dà tregua. Il sorso si rivela cremoso, sapido e dotato di freschezza invidiabile. Acidità a nastro. Il respiro lo esalta e imprime ulteriore spinta ad un palato già verticale. Qui c’è tutta la ruvida potenza del Pinot Noir dell’Aube.

Bevuta appagante con quella sapidità e droiture che (mi) conquistano. Come fai a non innamorarti di questo liquido? Come fai a non restargli fidèle?. Peccato per la sua non facile reperibilità, anche in Francia, dato che la produzione si attesta intorno ai diecimila flaconi. Cifre davvero lillipuziane rispetto alle milionate che si è soliti rimarcare quando si tratta di Champagne.


mercoledì 10 aprile 2013

Doc Rosso di Montalcino 2010 Le Ragnaie






Siamo sulle colline più alte – intorno ai seicento metri - che circondano Montalcino. Questa é una azienda, certificata biologica, che seguo da un po’ e vi consiglio di prendere in seria considerazione il suo modus operandi che dà origine a prodotti di ottima qualità, olio compreso, a prezzi onesti. Il vostro viaggio inizia consultando il sito aziendalechiaro, essenziale, senza inutili orpelli - e, mi auguro, si concluda con un acquisto – direttamente in azienda, sul web, oppure presso la vostra enoteca di fiducia.

Questo sangiovese è di un bel rosso rubino cristallino. Il bouquet é varietale e dotato di buona ampiezza. Subito mi colpisce una evidente e piacevole nota balsamica, di alloro ed eucalipto in particolare. Nette le note fruttate di arancia amara, di ciliegia e mora.

L’attacco in bocca é ricco e, al contempo, fine e suadente. Freschezza ed acidità viaggiano a braccetto e sfociano in una beva fluida che dà dipendenza. Bella la progressione gustativa, con striature sapide in chiusura.

Una bevuta che racconta, fedelmente, il suo territorio.



sabato 6 aprile 2013

Docg Barolo Cannubi San Lorenzo-Ravera 2007 Giuseppe Rinaldi





Sappiamo tutti chi é il Citrico, dunque passo oltre.
Nebbiolo centopercento, espressione di due diversi crus. Alla vista mi attende un liquido rosso granato con un’ unghia che tende leggermente all’aranciato.

Al naso subito una iniziale volatile che dopo poco si dilegua totalmente. E’ floreale, viola in primis e rosa, con lievi accenni di spezie dolci, di piccoli frutti rossi.

L’ingresso é di una eleganza scarna e sussurrata, venata da mineralità e salinità con palato sostanzialmente coerente. La bocca é fresca con un tannino ben presente, a tratti asciugante. Non una grande polpa, piuttosto ossuto direi.

Controllo dell’alcol magistrale. Finale caldo e sorso che si chiude con una scia balsamica. Buon allungo. Grandissima bevibilità. Bottiglia contraddistinta da una sua “rustica” eleganza, o se preferite, elegante rusticità. Vino di Vignaiolo. Autentico.
Il produttore che non deve mai mancare nelle nostre cantine.






mercoledì 3 aprile 2013

Aoc Champagne Grand Cru Brut s.a. Paul Clouet






Bouzy è uno dei 17 comuni classificati Grand Cru a netta vocazione Pinot Noir ed è qui che si trova questa piccola maison che vanta una storia relativamente vecchia, essendo stata fondata nel 1907. L’ho scoperta alcuni anni fa nel corso di una visita a Jean Louis Bonnaire, noto récoltant di Cramant. Dopo aver passato in rassegna i suoi prodotti, mi fece assaggiare la gamma di Clouet e, sornione, ammise il suo …conflitto di interessi, essendo l'azienda di proprietà della moglie. Beh, sarà pure conflitto di interessi, ma la qualità c’è tutta, eccome, a partire da questa cuvée che costituisce il prodotto d’ingresso.

E’ composta da ottanta parti di Pinot Noir – come detto provenienza Bouzy – con un saldo di Chardonnay, da vigneti di Chouilly, altro villaggio Grand Cru. Trascorre almeno trentasei mesi sui lieviti e l’apporto dei vini di riserva si colloca intorno al venti percento.

Il calice rilascia spuma in gran quantità che una volta risoltasi, cede il passo al colore – oro luminoso – e ad un fine perlage, fitto e continuo.

Fin dal naso si avverte la spalla del Pinot Noir - con i suoi fruttini rossi in bella evidenza, gli agrumi, le note di tostature, di lieviti e speziature – appena ammorbidito dalla finezza e dalla souplesse dello Chardonnay.

In bocca si conferma di personalità con una corrispondenza puntuale con l’olfatto. Dal sorso, scattante e rinfrescante, emerge interessante tensione acida. Paga qualcosa sul versante della mineralità e della persistenza.
Un buon Champagne da aperitivo con ambizioni, abbastanza giustificate, da tutto pasto o quasi.