venerdì 28 aprile 2017

Louis Roederer Champagne Brut Vintage 2000




34 parti di Chardonnay e 66 di Pinot Noir, poco oltre i 4 anni sui lieviti, dosaggio che corre lungo i 12 gr./lt. per un dégorgement oltre i due lustri.
Il contachilometri – evidentemente elevato - nonchè una conservazione niente affatto ottimale, hanno condizionato pesantemente la boccia, ancorchè questi siano i rischi che si corrono, allorquando si accetta la scommessa del web, pur in presenza di prezzo interessante.
Ne sono consapevole da mo'.



Colore molto dorato, con naso e bocca che la sbicchierano subito e in maniera schietta, senza troppe esplorazioni: agrumi in avanzato stato di canditura – buccia di cedro e mandarino confit - e altra frutta gialla matura, frutta secca e miele, cera d’api e altri elementi propri del bagaglio delle sensazioni terziarizzate.

La morbidezza ossidativa è tanta, finendo per soffocare qualsivoglia tentativo di risveglio acido, il quale avrebbe, senza dubbio, impresso qualche scossa di vitalità ai sorsi, rimasti pressochè seduti, tuttavia mai stucchevoli, ripensando al dosaggio.

Le virtù del liquido si sono smarrite cammin facendo, ergo, la classe della casa, una volta tanto, la si è dovuta più immaginare che apprezzare, pur cogliendone, comunque, l’impronta, sulla falsariga del Brut Premier.

E’ la roulette di internet - solitamente se ne esce vincenti e appagati - con il suo ineludibile,  e fatal rovescio, talvolta più casino – bordel - che casinò.




mercoledì 26 aprile 2017

Col D’Orcia Brunello di Montalcino 2006 Mg




Un’azienda storica di Montalcino e del Brunello, la quale, da sempre, coniuga grandi numeri a qualità, con giusti prezzi, alla portata di tutti.
Il Brunello “annata” è di classicità esemplare, fin dalla vinificazione: tre anni in botte grande e uno di affinamento in vetro.

Nonostante qualche annetto sia già passato, una magnum che svela un vino in fasce, giovanissimo, a partire da un luminoso rosso rubino.
Lo spettro olfattivo illustra, con dovizia di particolari, gli inconfondibili descrittori del Sangiovese, con un frutto in primissimo piano. Mi deliziano fresche avvolgenze di frutta scura – prugna, amarena e mora – a forte pulsione speziata e balsamica, con lievi cenni terrosi, rosa e lavanda a rifinire questo pulito intreccio olfattivo.

Impressioni che si rinnovano, all’interno di un palato vinoso e pimpante, già di convincente equilibrio acido-tannico. Sorsi golosissimi, che richiamano continuamente il calice e rivelano, in prospettiva, enorme potenziale.
Finale slanciato e persistente, con energici e raffinati risvolti balsamici.

In attesa si doti di quella compattezza e complessità che solo l’estrema giovinezza e il formato maggiorato, in questo momento, non glielo consentono appieno, blindo l’altro mg, ancora dormiente in cave, dandogli appuntamento, a Dio piacendo, tra un lustro.


lunedì 24 aprile 2017

Enofenomeni




Ho letto, in questi giorni, parecchi resoconti, dei professionisti del vino – enogiornalisti, degustatori, etc. - in merito al recente evento, svoltosi in diversi comuni langaroli, denominato, proprio dall’edizione 2017, Grandi Langhe Docg (ex Nebbiolo Prima).
Per farla breve, la durata della kermesse, anticipata di circa un mese, rispetto agli scorsi anni, si è ridotta da cinque a tre giorni, con i vini in degustazione - annate dal 2011 al 2014 di Barolo, Barbaresco e Roero, riserve comprese – scesi da circa 500 a 300.

Da più parti, è stato sottolineato, come l’appuntamento enoico più importante della regione, registri, suo malgrado, ogni anno defezioni sempre più crescenti, da parte di molte aziende che, dato il loro blasone e appeal indiscussi, costituiscono una fetta imprescindibile della storia enoica langarola. E, a leggere gli assenti, si tratta di nomi davvero altisonanti e pesantissimi.
Avranno i loro motivi, non sta a me giudicare e non so se serva, in questo caso, tirare in pista l’adagio “gli assenti hanno sempre torto”.

Quello che lorsignori – degustatori e affini - non mi/ci descrivono M A I, è la loro cavità orale, saccagnata da una media di 100 assaggi al giorno, da tannini, sovente incazzati, quando, non di rado, indemoniati.
Per quanto altissima sia la loro sopportazione tannica, sfido l’attendibilità di chiunque, anche il più addestrato, dopo 40-50 assaggi – e sono già tantissimi – nel continuare a descrivere, con lucidità, le peculiarità dei vini in degustazione.
Sei fenomeno? Benissimo. Ne reggi 60?70?80? Mitico. E della restante ventina/trentina, come la mettiamo? E siamo solamente al primo giorno …
Li troverei meno extraterrestri e più umani, nel leggere frasi del tipo “…dopo una mattinata, nonostante pause e sciacqui, ho il palato arato e asfaltato dai tannini…”.
Ma tant’è, enofenomeni sono.

Un solo addetto ai lavori, anni fa, fece outing e riconobbe, dopo avercela raccontata per lustri, le oggettive difficoltà, nonchè l’opinabile affidabilità delle (sue) conclusioni, frustate da cotanti tannici assaggi.
Uno soltanto!

P.S.: il concetto, va da sé, ha valenza erga omnes e urbi et orbi.


venerdì 21 aprile 2017

Krug Champagne Rosé Brut s.a.




Pierre-Auguste Renoir, quando sostenne, a buon diritto, che “… l’arte deve essere indescrivibile e inimitabile” e che “…l’opera d’arte deve afferrarti, avvolgerti, trasportarti”, non stava sicuramente pensando a una bottiglia di champagne.

Nondimeno, il concetto di opera d’arte, è ciò che mi è venuto in mente, mentre centellinavo questa boccia, vera e propria opera d’arte e, in quanto tale, indescrivibile e inimitabile. 

Potrei, ancora, prendere a prestito l’aulica citazione del Sommo Poeta, laddove, nel XIV canto del Paradiso, afferma che “…la musica è rapimento, non comprensione”.
Ecco, metti Krug rosè, in luogo della musica, e forse ho reso l’idea.




martedì 18 aprile 2017

Cappellano Nebiolo d’Alba 2009




Ne sono già passati di anni, nondimeno, l’aver conservato il suo côté vinoso, è indice inconfutabile della sua giovinezza.
Di trama olfattiva meravigliosa e complessa, snocciola ricchezza e precisione aromatiche: viola, geranio e rosa, un gran bel frutto – fragola, arancia rossa e amarena – con sensazioni di cuoio, sottobosco e funghi, vergate di cenni balsamici.
Pochini i Nebbiolo con un naso così.

E che compattezza e fragranza di palato!
Freschissima e consequenziale la palette aromatica, che si allarga e si intensifica con inserti di cacao, cuoio e liquirizia. Ottima materia, con un tannino che ha, in pratica, convertito in finezza, l’esuberanza scalpitante di Serralunga.
Elegante in potenza e di beva istigante, chiude molto persistente, con incisivi contrappunti finali di cardamomo, menta e rabarbaro.

Un super classico, che ha giusto imboccato la sua parabola ascendente e da ignorare altri dieci anni in cantina.