venerdì 31 luglio 2015

Aoc Champagne “Entre Ciel et Terre” Brut s.a. Françoise Bedel




Un altro prodotto, della Dame biodinamica della Champagne, dopo averti raccontato, tempo fa, del suo “Origin’Elle”. Qua la cosa si fa più impegnativa, ovviamente per la Signora, non per me che mi limito a berne, quando si può, goderne.
E’ una cuvée, vinificata in acciaio vetrificato, di cui un 10% in fût de chêne, composta da 80 parti di Pinot Meunier e 20 di Pinot Noir - c’est a dire Blanc de Noirs – base vendemmia 2004, con vini di riserva del 2002 – ergo, non è un millesimato non dichiarato, come qualcuno sostiene – rimasta sette anni sui lieviti. Come consuetudine, remouage e dégorgement, svolti manualmente; ottobre 2012 è la sboccatura.

E’ oro splendente, luminoso e con perlage molto sottile.
Il bouquet, vinoso e composito, attacca subito con tanto marzapane e fiori bianchi – gelsomino e biancospino –  e forti pennellate vegetali. Il tempo di ossigenarsi ed escono lieviti e pan brioche, miele e agrumi – limone e pompelmo rosa – nocciola e un lieve profilo gessoso. Anche più di un tocco di legno, nobile finchè vuoi, non completamente assorbito.

Il palato – di fine bollicina - coniuga vinosità e freschezza e indugia molto sulle sensazioni agrumate – cedro e pompelmo - con qualche punta di cremosa dolcezza che rimanda al miele, al burro e al pain d’épices. Per contro, tuttavia, ho trovato dosaggio e legnosità non ancora del tutto integrate, nonostante una data di dégorgement non trascurabile.
Mandorla, dattero e sentori boisé, costituiscono l’epilogo di un sorso vinoso, mediamente persistente, bello e soave al naso, ma con bocca in cerca di equilibrio.
Chissà che l'abri de la lumière non gli giovi.



martedì 28 luglio 2015

Aoc Savennières Roche aux Moines 1992 Domaine aux Moines




Azzardare questi flaconi, leggermente datati, equivale ad accomodarsi al tavolo verde del casinò e, se ti va di culo, bene, altrimenti addio denari.
La mia signorina, maggiorenne, sostava, bella dritta, gamba lunga, in un’ enoteca francese, e dall’alto dei suoi 2 deca, ammiccava.
In fin dei conti, sempre meno di qualche smanigliata alle slot.

Siamo nella Loira e il vitigno, Chenin, si presta, di solito molto bene, all’invecchiamento. E questa boccia, fortunatamente, ha confermato la nomea.

Il tappo non sembra nuovo, lo è veramente, gli daresti 2/3 ore, non 23 anni.
E’ dorato, luminoso e grasso.
Al naso, la prima impressione è quella di essermi fermato presso una pompa di benzina: solamente petrolio, idrocarburo, se preferisci, e una bella cifra di ridotto.
Ma ho tempo e aspetto (e spero) che si allunghi.

Trascorse alcune ore, arriva la finezza, con i potenti toni idrocarburici che hanno lasciato campo a note affumicate, anche di torba, mescolate a fruits confits - mela cotogna e albicocca – e cenni di fiori secchi. Tocchi di miele e cera d’api testimoniano le primavere del flacone, ma l’inverno è ancora lontano e l’evoluzione, al momento, non fa rima con ossidazione. Ad evolvere continuamente sono, viceversa, gli aromi, che scalano ottave di mineralità gessosa, venate da scorze di arancia e pompelmo e cenni fungini.


In bocca è coup de coeur e mi stona da tanta freschezza. Ci sono materia e spessore, coerenza e tantissima giovinezza. Grazie ad una acidità drastica, incredibile e inaspettata, erbe aromatiche, fiori essiccati e agrumi spiccano il volo.
Sorso integro e tesissimo -  un elegante concentrato di mineralità salina, fiori e frutta -  che termina, lungo e intenso, con ricordi di anice, thé nero e noce.
In due parole: naso più sfaccettato e “avanti”, bocca giovanissima, ma già completa.

Ottima bevuta, non proprio per tutti, in compagnia di una bella compilation di formaggi francesi - ça va sans dire – e di un consumatissimo, perché strasuonato, vinile, Thermonuclear Sweat, dei Defunkt. 
Merci Monique e Tessa Laroche.


venerdì 24 luglio 2015

Aoc Champagne Special Club 1999 Gaston Chiquet




Nel lontano 1971 una dozzina di rm – ora sono in 29 - fondarono un’associazione esclusiva - Club Trésors de Champagne - il cui scopo comune fosse quello di esprimere l’originalità del terroir champenoise, mediante una cuvée de préstige che rappresentasse il lavoro dei vignérons. A tal fine, vennero individuate una serie di regole, che si possono conoscere visitando il sito dedicato. 
Fu così che nacque, in sintesi, la cuvée “Special Club”, prodotta solamente nelle migliori annate e identificata da bottiglia ed etichetta esclusive.

Il flacone di oggi è un assemblaggio di 70 Chardonnay e 30 Pinot Noir, proveniente dai vigneti di Hautvillers, Dizy e Mareuil sur Aÿ, vinificazione parcellare, malò svolta e 8 anni sur lattes, data la sboccatura del 19/12/2008.

Oro di classe, luccicante, con fine  e continua effervescenza.
Il bouquet, subito molto fresco, si sviluppa tra note di crema pasticcera e frutta, quest’ultima sia in versione esotica che agrumata, con varianti anche confit. Ma non solo. Le narici sono catturate da splendide note di nocciola e mandorla, ben inserite in una filigrana gessosa, che strizza l’occhio a note di miele e camomilla.

Al palato equilibrio, eleganza e cremosità sono esaltate dalla freschezza del sorso che, tuttavia, rispetto al felice tratteggio olfattivo, paga dazio.
Più lungo che largo, con la bocca maggiormente concentrata sugli aspetti evoluti, terziarizzati, ma non assolutamente ossidati, il che mi induce a pensare di averla presa ancora in tempo.

Una buona bottiglia – ne trovi in rete a prezzi accessibili – da bere ora, con i limiti, di un millesimo, già sottolineati altre volte.




martedì 21 luglio 2015

Igt Salento Rosato Five Roses 2014 Leone de Castris




E’ riportato anche in etichetta: il primo rosato imbottigliato nel bel paese (1943).
Negroamaro al 90 per cento e la Malvasia Nera di Lecce a saldare, per un concentrato e lucente rosa cerasuolo.

Molto ricco al naso, soprattutto di frutta. Profumi di piccoli frutti rossi – ribes e lampone, fragolina e mirtillo – che si mescolano ad agrumi, melograno e ciliegia, mentre emerge tutta la misurata eleganza della rosa canina.

All’assaggio è secco, caldo e muscoloso. Vengono ripresi, non completamente, non tutti, i toni fruttati – dominano fragola e ciliegia – e spunta una piacevole mineralità, con i tannini che si rivelano abbastanza snelli. Il sorso, tuttavia, non rispecchia quella “femminilità” offerta dal naso. Livello che scenķde lentamente, causa struttura impegnativa e influente, che insidia e altera un tot l’equilibrio.
Chiude caldo e sapido su ritorni di pompelmo rosa e ciliegia.

Opinabile quanto vuoi, personalmente, da questa tipologia, mi attendo leggerezza, beva disinvolta, anche sfacciata, e sinuosità accattivanti.
Un rosso travestito da rosato.



venerdì 17 luglio 2015

Aoc Champagne Rosé Eclipsia Brut s.a. Vincent Couche




Sono 13 gli ettari che Vincent Couche coltiva, dal 2008 in biodinamica, nella Côte des Bar, per una produzione annua di circa 80 mila flaconi.

Questo è rosé d’assemblage, composto da 80 Pinot Noir, da vigneti in Buxeuil – suolo kimmeridgiano, argilla e marna - e 20 Chardonnay, da Montgueux – suolo gessoso, l’unico della Côte des Bar - forse il terroir più interessante di tutto l’Aube, dove la bacca bianca trova il suo perché, dando risultati davvero apprezzabili.

Di un bel rosa vivace e di perlage non proprio finissimo, offre al naso dei sottili toni vegetali che si affiancano a note scure di ciliegia e fragola, fico e melograno, con un profilo speziato che lusinga le narici.

All’assaggio è fresco, potente e deciso, nondimeno, in virtù di una incisiva acidità, sa coniugare struttura ad agilità, trovando, in tal modo, il suo giusto bilanciamento. La bocca è ampia e vinosa, con gli aspetti fruttati – ciliegia e lampone, mirto e fragola – che dominano e si impongono su quelli speziati.
Chiude con grande freschezza, di media lunghezza, leggermente amarognolo, con tocchi di tamarindo, ben mescolati a sapida mineralità.

Un giovane produttore, di spiccata personalità, incontrato poco tempo fa, convintissimo delle sue scelte, che seguirò con attenzione.