lunedì 5 agosto 2013

Doc Rossese di Dolceacqua 2011 Testalonga Antonio Perrino





Quando rientro a casa la sera e mi attende sul tavolo un bel piatto fumante di minestrone di verdure fresche dell’orto il pensiero corre veloce - io di più – all’accordo con il vino. Mi dirigo nella cave, già persuaso della scelta. Le bottiglie giacciono lì da un po’ e aspettavo giusto un pretesto.

Avevo scritto qui dell’annata 2010 e questa è la prima che apro del millesimo successivo, che coincide con la cinquantesima vendemmia – mica bruscolini - di Testalonga. Prima, tuttavia, annuncio la mia clausola di esonero della responsabilità – quello che viene comunemente rubricato sotto la voce disclaimer. Questa bottiglia mi è stata donata da Nino. Me ne stavo andando dalla sua cantina - dopo congrua provvista - e mi racconta di alcune etichette stampate con caratteri diversi da quelli abituali; ergo gli domando di lasciarmene un paio giusto per “collezione”. Non c’è stato modo di saldare.

Stappo e verso. Il colore è il suo, mi garba definirlo rosso di fascino. Ruoto, annuso e, me lo aspettavo, trovo una evidente nota di riduzione. Non me ne curo – ti conosco e so che ti devi distendere, ma sbrigati ho fame e sete – e lascio passare una mezz’ora.
Ora sei Tu, con i tuoi nitidi frutti rossi – lampone, visciola e ribes – macchia mediterranea, ginepro, pepe bianco e poi mare, tantissimo mare.

L’assaggio avvalora, solo in parte, le sensazioni aromatiche giacchè sconta la sua estrema giovinezza. Non equivocate, illustro meglio. In bocca c’è ricchezza di frutto, il tocco erbaceo, la speziatura, molta mineralità marina, una buona acidità ma il tutto a livelli ancora compressi, soffusi. E’ pure persistente con tocco dolce in chiusura. Sono convinto che trascorso qualche anno il vino assumerà quel carattere che adesso la giovane età, con ragione, gli nega.
Due aspetti mi hanno sorpreso moltissimo: il formidabile governo del tenore alcolico – ben 14,5 gradi e non sentirli – ed in virtù di ciò, una beva smisurata. Su tutto, ad ogni modo, un sorso genuino e autentico, non propriamente e non solo un vino “normale” come ama definirlo Nino. Azzarderei, in prospettiva, annata 2011 migliore della precedente.

L’abbinamento con il minestrone ha colpito nel segno, il Rossese mi ha fatto vibrare anche se, confesso, l’atarassia l’ho raggiunta, a bottiglia letteralmente polverizzata, nel sentire cantare l’Alba nazionale alla tv. Fattene una ragione Nino!
E adesso scagliate le contumelie sul mio, dichiarato, conflitto di interessi.






7 commenti:

  1. Ho letto in giro pareri controversi su questo vino. Ma la controversia è la normalità per i vini di Nino Perrino. Soffre un po' i viaggi, ma bevuto sul posto, e al faro, mi è parso sin da subito uno tra i migliori mai messi in bottiglia in quell'angusta cantina.
    Ciao e buona giornata

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    1. E' tutto vero ciò che affermi. Questa bottiglia conferma in toto le impressioni avute presso la sua cantina (proprio angusta) sorseggiando questo millesimo che imho ritengo molto probabilmente superiore all'ottimo 2010.
      Grazie dell'attenzione Roberto ciao

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  2. I vini di Nino sono da mettere nella categoria "emozionali volubili" simili ad una bella donna. I giudizi non possono essere definitivi, basta un niente per metterli nel dimenticatoio o tra le migliori bevute di sempre.

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  3. I giudizi non possono, non devono e non vogliono essere definitivi e avere pretesa di verità assoluta. Ciò vale per tutte le bottiglie, quelle di Nino incluse.
    Grazie del suo commento.

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  4. Ho seguito i consigli del Guardiano e qualche bottiglia riposa in cantina, avvisatemi quando son pronte :D intanto mi godo il posaù 2010 Maccario...

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    1. Benvenuto Luca. Segui sempre i consigli del Guardiano che non sbagli. D'accondo con te sul Posaù ora è davvero una goduria.

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    2. Ti ringrazio per il benvenuto :) Grazie al suo consiglio mi si è aperto un mondo...

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