venerdì 6 febbraio 2015

Aoc Champagne Blanc de Blancs “Les Roises” Extra Brut s.a. Ulysse Collin




Olivier Collin è stato discepolo di Anselme Selosse, dunque, anche per lui valgono le medesime argomentazioni. Sono - lo saranno sempre - champagnes che dividono e spaccano a prescindere, a torto/a ragione, anche in maniera tranchante.

Io mi avvicino a questi vini - come a tutti, del resto - con molto rispetto, avidità di conoscere, soprattutto libero mentalmente, privo di idee precostituite e pregiudizi, evitando di rompermi il cranio con sfiancanti pugnette e sullo stile oxyd, e guarda che è un difetto, e doveva fare la malò, no, non la doveva fare e altre robe che non servono a una beata fava.
A questi vini mi accosto, semplicemente, ma molto attentamente, conscio che il mio naso e il mio palato sono sì discutibili – mancherebbe altro - ma anche soggettivamente sovrani, quanto i tuoi.

“Les Roises” – ci sarà mica qualche Beghina in giro? – è un lieu-dit, una piccola parcella – la più vecchia di cui dispone Olivier a Congy – que du Chardonnay, le cui piante hanno una sessantina d’anni.
Il mio flacone è la vendemmia 2008, non rivendicata in etichetta, con dégorgement 3 ottobre 2012; è uno dei circa 3500 prodotti e, vi assicuro, di non facilissima reperibilità.


Radioso oro liquido, grana finissima, classe pura.
Tutto lo charme della vista prosegue, regalandomi un naso haute couture, che si libera in fretta, per mia fortuna, della nota legnosa. Ergo, praterie di frutta – splendidi cedro, pesca e albicocca – un tocco vegetale e un profluvio continuo e inarrestabile di gesso che si mixa sapientemente a ondate salmastre, iodio e ostrica a bomba.

Questa ricercata tessitura olfattiva, trova - ahimè - solamente parziale riscontro al palato, giacchè i segni del passaggio in legno sono ancora ben percepibili e limitano, seppur in parte, lo sviluppo efficace e la totale rivelazione, anche in bocca, di una materia dalla qualità impressionante.
Gli interpreti olfattivi ci sono tutti, solo che viaggiano col freno a mano tirato, accompagnati costantemente dal peso del mobilio.
Nondimeno, ciò non mi ha precluso di cogliere - e sono qui a tesserne le lodi - l’estrema grassezza, la struttura, la profondità e la verticalità di un sorso, nonchè di constatare quanto sia raro assistere potenza ed eleganza vivere in simbiosi.

In soldoni, è un vino che ha solamente bisogno di tempo in vetro, e molto, affinchè tutte le componenti si integrino armoniosamente. La curiosità di berlo era tanta e mi è servita a capire lo stato dell’arte.
E’ uno champagne già grande – da un millesimo spaziale - tuttavia ancora in fase di assestamento, che si sta preparando a diventare grandissimo. Non ho dubbi.
Così come sono persuaso che anche monsieur Olivier sia sulla strada che lo porterà lontano, quantomeno a eguagliare il suo mentore.




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